nostro inviato a Dortmund
Dici Italia e loro rispondono: vacanza. Si tratti di un calciatore o di un taxista. I tedeschi non ce lhanno con gli italiani, solo con la loro nazionale. Dici Italia e rispondono: non vinciamo mai. Come fosse un coretto da stadio. Problema annoso, tradizione fastidiosa. Serve rimedio. Michelone Ballack ci ha provato secondo estro che laccompagna sul campo. Dice Italia e allunga: «Con il Bayern ho perso 4-1 contro il Milan, con la nazionale abbiamo perso 4-1 a Firenze. Non abbiamo chance». Fosse un tedesco ortodosso ci sarebbe da credergli. Essendo un tedesco nato allEst, e probabilmente con una vena guascona, meglio attendere che strizzi locchio.
I tedeschi ci aspettano a piè fermo. Come sempre, più di sempre. Non hanno gradito il polverone alzato su Frings, fino a farlo squalificare, anche se la Fifa ha precisato che la federazione italiana non ha fatto pressioni e neppure le truppe da sbarco televisive di casa nostra. Locchiolino magico sulle malefatte dellindiano metropolitano del centrocampo lha usato la Tv tedesca, ha specificato. Garantismo e sportività, lideale per venirne ripagati sul campo. E per spegnere tutta la campagna stampa dei giornali tedeschi che hanno intonato il ritornello di sempre: ecco, i soliti italiani, maestri delle furbate e delle trovate machiavelliche. Per poi chiudere con lo sberleffo, dopo la squalifica. «Sarete contenti?».
I tedeschi parlano di dodicesimo uomo in campo. Si riferiscono al pubblico di Dortmund, particolarmente caldo e affezionato alla sua nazionale. In questo stadio il calcio fa sempre lesaurito, si tratti di nazionale o soltanto del Borussia. Ma poi, sotto, sotto, sanno che il dodicesimo uomo per la squadra di casa di un mondiale è sempre un altro. Senza distinzione di nazionalità.
A Dortmund la Germania ha quasi sempre vinto: 13 match sui 14 disputati. Unica eccezione un pareggio con il Galles nel 1977. Con lItalia i tedeschi non hanno mai vinto una partita del mondiale: sono fermi a due sconfitte e due pareggi. Brutto affare. Ballack ha ammiccato, convinto che stavolta la tradizione cambierà. «Loro sono favoriti. Altro che Argentina. LItalia è molto più difficile da affrontare. E finora tutto le è andato per il verso giusto. Loro sono forti, difficile battere Buffon». Sottinteso: ma noi ce la faremo.
Giusto, sennò che Germania sarebbe. Partita tra scetticismo e diffidenza, ha cominciato a raccogliere gol, risultati e un popolo al seguito che rischia di essere uno tsunami di entusiasmo, se lamata stirpe approderà alla finale. Jürgen Klinsmann, che è uomo di mondo, ha capito latmosfera. Ha faticato un po a farsi accettare, lui così svincolato dallidea tipica del ct, ma ora il suo stile è un marchio di qualità e credibilità. I tedeschi girano con la bandierina sullauto e la sua foto nel cassetto del cruscotto. E lui li fa sognare. Parole soft che sono musica, un allegro schiumar di birra fuori del boccale. «Dobbiano imporre il nostro gioco. Siamo convinti di batterli. Servirà alzare il ritmo, mostrare il nostro stile. Ho sempre creduto in questa avventura e continuo a crederci».
Certo, lassenza di Frings, luomo che doveva tenere a bada Totti, è il classico pestone al piede. Con rischio di frattura: lindiano metropolitano armonizza i movimenti del centrocampo, allunga e accorcia la squadra, tipico centromediano metodista di una volta. La sua controfigura è Sebastian Kehl, enfant (26 anni) du pays poiché gioca nel Borussia Dortmund. Lalternativa Tim Borowski, il vero dodicesimo uomo di Klinsmann, un metro e 94 di dinamismo e prepotenza fisica. Ha giocato la prima partita al posto di Ballack, poi è sempre entrato con risultati incoraggianti, assolutamente determinanti con lArgentina. «Quella partita ci ha insegnato qualcosa», ha aggiunto ieri Klinsmann. «Ogni errore viene pagato. Anche stavolta decideranno gli episodi. LItalia è tra le migliori squadre al mondo, ma la Germania deve pensare a se stessa, al proprio gioco, senza nascondersi».
Un po di fumo in attesa dellarrosto.
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