Roberto Fabbri
Diversi segnali sembrano indicare che il caporale israeliano Gilad Shalit, il cui rapimento lo scorso 25 giugno ha innescato una grave crisi in Medio Oriente culminata nel conflitto libanese, potrebbe effettivamente essere liberato entro pochi giorni. Il quotidiano arabo internazionale Al Hayat ha scritto che lostaggio si troverebbe in Egitto e che unintesa di massima per il suo rilascio sarebbe già stata raggiunta. Il presidente palestinese Abu Mazen ha sostanzialmente confermato lindiscrezione: lintesa, ha detto, ha già preso forma, mentre non è ancora stata avviata la sua realizzazione.
Sono seguite le immancabili smentite da più parti che rendono la situazione meno chiara. Israele considera importante sbloccare la situazione e sembra disposto a rilasciare centinaia di detenuti palestinesi in cambio di Shalit, ma giustamente si aspetta di avere conferme sicure sulla sua esistenza in vita e sulle sue condizioni. E se da una parte il clima con Israele pare rasserenarsi (Shimon Peres ha parlato dellopportunità di un vertice tra il premier Olmert e Abu Mazen appena risolto il caso Shalit) da unaltra le cose vanno nel senso opposto: è di ieri pomeriggio la notizia dellarresto a un posto di blocco israeliano in Cisgiordania di Mahmud Damra, che guida nella zona di Ramallah con il grado di generale il corpo delite «Forza 17», guardia presidenziale un tempo di Yasser Arafat e oggi di Abu Mazen.
Intanto è giunto un «no» israeliano al segretario generale dellOnu Kofi Annan che si era offerto per condurre personalmente la mediazione con Hezbollah sui prigionieri. Annan, che si trovava in visita in Egitto, ha dovuto incassare anche un secondo «no» da Gerusalemme, relativo questo al blocco aeronavale che Israele ha imposto al Libano. Il numero uno dellOnu aveva detto ieri mattina di «sperare in notizie positive entro le prossime 48 ore» su una decisione israeliana di revoca del blocco, ma anche in questa occasione Israele ha risposto picche. Prima si aspetta che almeno cinquemila caschi blu vengano schierati nel sud del Libano, per la qual cosa potrebbero volerci anche dieci giorni. Solo oggi infatti le truppe libanesi hanno preso posizione a Bint Jbeil, teatro di violenti combattimenti tra luglio e agosto. Ancora un quinto del territorio occupato nel sud del Paese dallesercito israeliano è tuttora sotto il suo controllo, e più ci si avvicina al confine più è logico attendersi che le operazioni di ritiro avverranno senza fretta.
Il Libano, intanto, resta lontano dalla pacificazione. A Sidone una bomba ha gravemente ferito Samir Shadeh, un alto funzionario dei servizi segreti inviso alla Siria. La cui longa manus, evidentemente, è ancora ben lontana dallesser ritirata.
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