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Gheddafi accoglie Megrahi: "Grazie alla Regina"

Il leader libico ha ricevuto ieri sera Abdelbaset al Megrahi, condannato per l’attentato di Lockerbie del 1988, e ha elogiato il "coraggio" e "l’indipendenza" del governo scozzese. Megrahi: "Dimostrerò la mia innocenza"

Gheddafi accoglie Megrahi: "Grazie alla Regina"

Tripoli - Il leader libico Muammar Gheddafi ha ricevuto ieri sera Abdelbaset al Megrahi, unico condannato per l’attentato di Lockerbie del 1988, e ha elogiato il "coraggio" e "l’indipendenza" del governo scozzese, che giovedì ha liberato l’ex agente segreto. "Il leader ha ricevuto ieri sera - scrive l’agenzia - il fratello Abdelbaset al Megrahi, la sua famiglia e un gran numero di suoi parenti".

I ringraziamenti di Gheddafi "In questo momento - ha detto Gheddafi citato dalla Jana - desidero rivolgere un messaggio ai nostri amici in Scozia - il Partito nazionale scozzese, il premier e il ministro degli Esteri - e felicitarli per il loro coraggio e per aver dimostrato la loro indipendenza nonostante le pressioni inaccettabili e irragionevoli che hanno dovuto fronteggiare". Gheddafi ha anche elogiato il suo "amico (Gordon) Brown", il premier britannico, la regina Elisabetta II e il principe Andrew, "che tutti hanno contribuito a incoraggiare il governo scozzese a prendere questa decisione storica e coraggiosa". Questo passo - ha ancora detto il leader libico citato dalla Jana - "favorirà le relazioni fra i due Paesi, Libia e Gran Bretagna, e l’amicizia personale che ci lega e avrà sicuramente conseguenza positive su tutti gli aspetti della cooperazione bilaterale".

Megrahi: "Dimostrerò la mia innocenza" Abdelbaset al-Megrahi ha promesso di presentare le prove che lo scagionano dalle responsabilità nell’attentato di Lockerbie. In un’intervista al Times l’ex 007 libico rilasciato dalle autorità scozzesi perchè gravemente malato ha lasciato intendere che esiste una "verità nascosta" sull’esplosione. E al giornalista che gli chiede il nome dell’attentatore, risponde: "È una buona domanda, ma non sono io la persona giusta a cui chiedere". Megrahi ha sottolineato che non fu la Libia a ordire l’attentato che uccise 270 persone ma non ha voluto neanche indicare come mandanti altri Stati, come ad esempio l’Iran. Le famiglie delle vittime ha aggiunto, "credono che io sia colpevole, ma non lo sono. Un giorno la verità non potrà più essere celata, come invece avviene oggi. Noi arabi abbiamo un detto: 'La verità non muore mai'". La sua condanna all’ergastolo, ha concluso, "è stato un errore giudiziario".

A Megrahi, malato di cancro in fase terminale, resterebbero tre mesi di vita.

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