Gheddafi insiste con Calderoli e gli dà del fascista

Dal testo integrale del discorso del leader libico spuntano nuove accuse all’ex ministro, ma senza pronunciarne mai il nome

da Milano

Sprezzante con Calderoli, minaccioso e retorico con l’Italia. Il discorso di Gheddafi è quello pronunciato giovedì sera, ma dalla trascrizione ufficiale, diffusa ieri dall’agenzia ufficiale libica Jana, emergono nuovi, significativi dettagli. L’ex ministro della Lega, sebbene non venga mai nominato, viene messo sotto accusa duramente dall’uomo forte di Tripoli. Gheddafi non ha dubbi: sono stati i suoi commenti «razzisti e da crociato» a provocare l’assalto di Bengasi, durante il quale i manifestanti «volevano uccidere il console», perché per loro «la vita di un solo uomo vale poco di fronte ai 700mila morti libici del periodo coloniale». Calderoli avrebbe dimostrato di «essere un fascista, reazionario e colonialista con idee vecchio stampo», ed è un bene che «il governo di Roma, che lo detesta, lo abbia licenziato. Tutto il popolo italiano lo ha isolato».
Non per questo il nostro Paese può sentirsi al sicuro. «L’Italia - aggiunge il numero uno libico - se vuole che le sue compagnie, i suoi consolati, le sue ambasciate e i suoi cittadini residenti in Libia vivano in pace, deve pagare il prezzo». Gheddafi ribadisce il suo rammarico per le violenze del 17 febbraio ma ricorda che sono dovute «al risentimento accumulato dal popolo libico dal 1911, che ad ogni occasione esplode perché il nostro popolo ha subito ingiustizia e distruzione e ha conosciuto migliaia di morti senza alcuna ragione, crimini che non sono stati indennizzati», come d’altronde gli altri popoli che hanno subito la colonizzazione. Roma, secondo Gheddafi, «deve risarcire i libici per garantire che non occuperà la Libia una seconda volta, non dico l’Italia di oggi di Berlusconi o Prodi, nostri amici, ma quella tra 50 o 100 anni. È nell’interesse dell’Italia non essere un giorno governata da un cattivo come Mussolini, Graziani...».
Il Colonnello, che di dittature se ne intende, riconosce, bontà sua, che «oggi il nostro è un Paese amico e non colonialista», e che quando insulta l’Italia «si riferisce a quella del Duce», ma poi avverte «che la mentalità della strada non è quella dei diplomatici». E che pertanto solo quando la gente comune si sarà convinta che i torti del passato sono stati compensati, si placherà «l’odio dei libici».
Eppure a Tripoli, la comunità italiana non sembra sentirsi particolarmente minacciata. Dalle testimonianze dei nostri connazionali la vita sembra scorrere tranquilla e i preparativi per la grande fiera internazionale non hanno subito rallentamenti. Di questo grande astio verso gli italiani da parte di una popolazione che oltretutto oggi è composta essenzialmente di giovani in cerca di un lavoro con pochi ricordi del periodo coloniale, non sembra esserci traccia. Almeno per ora. Nemmeno i turisti sembrano spaventati. Ieri a Fiumicino non ci sono state disdette sul volo in partenza per la Libia.
L’impressione di gran parte degli osservatori è che in realtà il discorso dell’altra sera fosse rivolto più agli oppositori interni e che pertanto le minacce all’Italia fossero pretestuose, così come la lunga invettiva contro il colonialismo occidentale. «A cosa è servito alla Gran Bretagna colonizzare l’India, il Sudan oppure il terzo mondo costituendo un impero dal quale non tramontava il sole? A niente. - tuona il leader libico - Cosa ha ricavato l’America dal Vietnam? Niente se non sconfitte ed è lei che è uscita perdente. E cosa ricaverà dall’Irak ? Perdite. Cosa ne ha ricavato l’Italia colonizzando Libia, Somalia oppure l’Etiopia? Ha ottenuto sconfitte e la maledizione della storia».
Un’esibizione di forza, la sua, per dimostrare di essere saldamente in sella, con una stoccata gli Usa, con cui, peraltro, ora è in buoni rapporti. Gheddafi stronca il processo di democratizzazione. «Fate elezioni libere in Pakistan e sarà governato dai seguaci di Bin Laden, che avrà l’atomica», ammonisce. «Lasciate candidare i Talebani e il Mullah Omar diventerà il presidente dell’Afghanistan...

Fate uscire dalla tomba Khomeini e lui diventerà presidente dell’Iran...» «Se ci fossero elezioni libere ovunque, dice il leader libico, salirebbe al potere gente che l’Occidente non vuole».
Ma il problema, secondo lui, è che l’America vuole solo «servire i propri interessi».

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