Indipendentemente da qualsiasi considerazione di merito, l’uscita di Alessandro Profumo da Unicredit è un gigantesco salto nel buio. La prima banca italiana, la più internazionale, si potrebbe trovare senza guida operativa. Banca d’Italia è molto preoccupata per l’instabilità che si viene così a creare. Altrettanto i palazzi che contano della politica italiana. La lettera di dimissioni è pronta. E i consiglieri sono orientati ad accettarla. Vedremo se il cda di oggi seguirà (...)
(...) il copione già scritto. Fino a poche ore fa Profumo ai suoi aveva più o meno detto: «Mi caccino, se credono». Poi è venuto meno il suo sponsor più forte. Fabrizio Palenzona, ieri, più che distratto dal compleanno della moglie, è stato distratto dalle telefonate dei soci che sentivano il suo definitivo abbandono dalla scialuppa di Profumo. C’è chi dice che ora anche l’abile vicepresidente possa rischiare: il dimissionamento del manager sarebbe stato mal preparato e neanche comunicato ai palazzi romani.
Tre considerazioni preliminari.
1. L’innesco per il dimissionamento è l’ingombrante presenza libica. Ovviamente è una scusa. Unicredit non solo è sul mercato e chi vuole compra, ma ha uno statuto che limita il voto al 5 per cento. Insomma, un modo per sterilizzare i voti di un azionista, che per di più è tradizionalmente silente, c’erano tutti. Profumo paga il suo rapporto (ormai deteriorato) con le Fondazioni azioniste e con qualche socio privato. Negli ultimi diciotto mesi il suo tocco d’oro è scomparso, quattrini ne ha generati pochi (come tutti) e anzi ne ha richiesti doviziosamente ai suoi soci. In questo contesto il caratteraccio del manager che non concede un fico secco a nessuno è apparso fuori luogo.
2. La politica è piuttosto preoccupata. Anzi molto. In questo momento non era il caso di aprire un nuovo fronte. Unicredit non è una banca qualsiasi e a Roma non si capisce come la finanza possa aprire una crisi al buio. Senza un’alternativa già pronta. Sarebbe un’operazione antisistema. Nessuno ovviamente lo dice: ma sembra di capire che la frattura tra la banca e i palazzi romani ora sia davvero grave. Profumo non è mai stato uno dei paladini dell’attuale maggioranza: tutt’altro. Ma pensare che da oggi (sempre che le dimissioni vengano confermate) le deleghe siano affidate alle mani del tedesco Rampl preoccupa.
3. L’uscita di Profumo cambia più di qualche assetto del vecchio salottino milanese.
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