Ghedini: «Tombe fenicie? Solo cocci e ossa»

RomaÈ tale l’ansia di sotterrare politicamente Berlusconi che il gruppo L’Espresso tumula pure la «i» delle trenta tombe fenicie che il premier avrebbe citato a Villa Certosa. In presenza di Patrizia D’Addario, donna dai registratori oltre che dai costumi facili ma mascherata da ospite, il Cavaliere avrebbe illustrato le bellezze della sua dimora sarda. «Questo è il lago, questa è una balena fossilizzata - avrebbe fatto da Cicerone Berlusconi -. Sotto qua abbiamo scoperto trenta tombe fenicie...». Apriti cielo e anche la polemica. Immediatamente scattano le interrogazioni parlamentari targate Idv al ministro della Cultura Bondi, previa consultazione di una valanga di leggine e regolamenti: «L’articolo 90 del codice dei Beni culturali prescrive che...». Il Guardian fa le capriole: il segreto più esplosivo dell’affaire Berlusconi non è né sessuale, né finanziario bensì archeologico. L’Osservatorio internazionale archeomafie fa di più e corre addirittura in Procura e dai carabinieri: «Si valutino se ricorrono i presupposti per disporre il sequestro dei beni». Giovanna Melandri ringhia: «Il premier s’è fatto beffa delle regole che tutelano il patrimonio artistico e archeologico?». La sinistra con un piede nella fossa si attacca pure ai sepolcri. E mentre la ricatto-prostituta a corto di quattrini annuncia che sta scrivendo un libro perché «tutti hanno paura di farmi lavorare», pure la stampa estera intinge il pennino nei presunti ossari sardi. La spagnola Vanguardia: «Il premier potrebbe aver occultato tombe fenicie a Villa Certosa».
«Ma quali necropoli? Ma quali tombe fenicie? Ancora una volta, questa notizia dimostra la volontà di attaccare il presidente Berlusconi, anche contro l’evidenza dei fatti». A parlare è Niccolò Ghedini, legale del Cavaliere e deputato Pdl. «Non si tratta di una necropoli né di una tomba, ma di un rinvenimento fortuito di pochi frammenti come può accadere di trovare in qualsiasi area italiana. Il 4 febbraio del 2005 il sovrintendente di Sassari è venuto a fare un sopralluogo a villa La Certosa, chiamato dalla proprietà, perché durante le operazioni di pulizia del sottobosco gli operai avevano trovato un piccolo frammento di anfora e dei pezzetti di scheletro umano». E il regolamento? E il rispetto del codice dei Beni culturali? E l’articolo 90? «Subito, il giorno stesso, abbiamo avvisato i carabinieri che sono venuti insieme alla sovrintendenza che parimenti avevamo chiamato. Quando sono arrivati - racconta Ghedini - hanno trovato solo frammenti di anfora che hanno acquisito e portato via».
Carta canta.

In mano Ghedini ha il verbale del sopralluogo della Soprintendenza per i beni archeologici di Sassari, redatto dalla dottoressa Angela Antona: «Il rinvenimento consiste in alcuni frammenti di ossa umane, una mandibola, alcune vertebre, un frammento di omero, insieme a una decina circa di frammenti ceramici pertinenti a un’anfora. L’insieme fa constatare - si legge nel testo - l’originaria presenza di una sepoltura che le qualità della ceramica fanno riferire all’età romana medio-imperiale».

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