Politica

Già finita la «primavera» di Illy Il Friuli ha bocciato i suoi uomini

Cresce l’insofferenza verso un sistema di potere basato sugli amici del capo e «triestecentrico»

Già finita la «primavera» di Illy Il Friuli ha bocciato i suoi uomini

Guido Mattioni

nostro inviato a Trieste

Alcuni diretti micidiali. Poi il kappaò. No, non è stata una vittoria ai punti quella del centrodestra in Friuli Venezia Giulia. A lasciare tramortito lo schieramento prodiano e i suoi sparring partners regionali, cominciando dal presidentissimo Riccardo Illy e dai suoi fedelissimi e ottimamente retribuiti «famigli», è stato un match contrassegnato da una superiorità evidente e conclusosi con un inequivocabile uppercut. Qualcosa che va oltre i 10 punti percentuali di distacco tra i due schieramenti (per la cronaca, lo ricordiamo, il 54,5% alla Casa delle libertà contro il 45% circa della coalizione prodiana). Qualcosa che nella «Piccola patria» - così i friulani chiamano la loro terra - può fare ancora più male. Qualcosa che per essere compreso richiede l’utilizzo di «occhiali» locali. Partendo magari dal ricordare che in questa regione, il 9 e 10 aprile scorsi non si è votato soltanto per il Parlamento, ma anche per tre Consigli provinciali e 36 comunali. Un election day voluto guarda caso proprio dal centrosinistra nella presunzione di portare a casa una superiorità numerica letta fino alla vigilia nei numeri (errati) dei soliti amici sondaggisti. Quel che è peggio, adagiandosi anche su una ingannevole (verrebbe voglia di dire auto-ingannevole) interpretazione della realtà.
Ed è soprattutto dal Friuli «storico», quello che Ippolito Nievo definì «piccolo compendio dell’universo», racchiudibile com’è in un unico colpo d’occhio dalle montagne al mare, che è arrivata la risposta più forte. Quella di gente abituata, di norma, a fare molto e a parlare poco. Magari sottovoce. Ma che quando gli girano... E la loro risposta ha portato fin dentro le urne il peso di altri imprescindibili elementi. Su tutti il riscoperto ruolo del territorio e dei candidati ad esso collegati. Ruolo non compreso invece dal centrosinistra, che tra scarsissimi entusiasmi (specie diessini) ha candidato qui, come capolista alla Camera, un nome d’importazione come quello di Rosy Bindi. Ma nell’urna è finito anche il riemergere del sentimento autonomista. Due elementi (territorio e autonomismo) che erano probabilmente in sonno, ma che l’esperienza Illy - «un incidente passeggero» secondo la definizione dell’azzurro Renzo Tondo - è riuscita a ridestare.
A farne le spese sono stati così uomini e liste legati a un’amministrazione concepita «in vitro». E che ormai era vissuta negativamente dalla maggioranza dell’elettorato. Sia per la gestione di tipo familistico, dove contano soltanto gli amici del capo, sia per la sua impronta eccessivamente triestino-centrica. «Ora Illy deve rendersi conto che il Friuli è un interlocutore autorevole - ha commentato Marzio Strassoldo, rieletto a furor di popolo presidente della Provincia di Udine -. Non si potrà più neppure tentare di violare o di attentare al sistema Friuli».
Strassoldo può ben dirlo: con lui la Cdl ha vinto in tutti e 30 i collegi friulani, raccogliendo da un minimo del 48,8% a un massimo del 67,21%. Percentuale, quest’ultima, ottenuta a Manzano, capitale mondiale della sedia, dove l’aver cambiato casacca (da Forza Italia a una lista civica illyana) non ha giovato alla transfuga Irene Revelant, ex assessore provinciale, le cui ambizioni si sono arenate a quota 253 voti. E ha fatto di più, Strassoldo: ha ridicolizzato sia la lista «Convergenza per il Friuli» del sindaco di Udine, Sergio Cecotti, legato a Illy (e anche lui probabilmente destinato al prossimo ruolo di «incidente di percorso»), facendolo precipitare dal 16,3% delle ultime comunali ad addirittura il 2% di domenica scorsa; sia quella battezzata «Cittadini per il presidente», espressione diretta di Illy e promossa dall’avvocato pordenonese Bruno Malattia. Lista che a prescindere dal nome del fondatore non si è sentita molto bene, fermandosi sotto l’1,5%.
Peggio ancora, a ben guardare, considerato che il risultato è quello raccolto nel primo turno per il rinnovo del Consiglio comunale del capoluogo giuliano (il ballottaggio ci sarà il 23 aprile prossimo) è andata alla lista «Cittadini per Trieste», proprio la stessa che aveva portato Illy alla ribalta politica: ha raccolto un misero 5,13%, a dimostrazione che non sono stati soltanto quei mona de furlani ad aver voltato le spalle al presidentissimo, ma anche i suoi concittadini.
E il voto friulo-giuliano, infine, ha anche ribadito il successo di Alleanza nazionale (ormai seconda forza regionale con oltre il 15%, con il secondo miglior risultato nazionale dopo quello del Lazio di Storace) e dell’Udc (che ha sfondato quota 7%). Per non dire di alcuni singoli risultati che da queste parti vengono considerati quantomeno eclatanti. Come la conquista del Comune di Paularo, ma soprattutto di quello di Tarcento, da nove anni roccaforte della sinistra.

Non sarà come vincere a Sesto San Giovanni, ma è qualcosa che ci va senz’altro molto vicino.

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