A Potenza linchiesta che imbarazza il Pd è firmata, come sempre, dal pm Henry John Woodcock. Secondo le indagini del magistrato, in Basilicata era attivo un «comitato di affari» costituito per gestire tangenti sugli appalti legati alle estrazioni petrolifere nella regione. Il 16 dicembre finiscono in carcere lamministratore delegato di Total Italia Lionel Levha e limprenditore di Policoro Francesco Ferrara, ma Woodcock chiede gli arresti domiciliari anche per il deputato del Pd, Salvatore Margiotta. Secondo lipotesi daccusa al parlamentare sarebbe stata promessa una tangente da 200mila euro. Anche un consigliere provinciale del Pd, Nicola Montesano, finisce ai domiciliari.
La richiesta darresto per Margiotta sbarca in aula a Montecitorio lo scorso 18 dicembre. E viene respinta a larga maggioranza, pur se Walter Veltroni diserta laula. Lunico che si schiera apertamente a favore del via libera allarresto del deputato del Pd è Antonio Di Pietro. Ma il 31 dicembre è il tribunale del Riesame di Potenza che annulla larresto dellesponente del Partito democratico, e revoca anche i domiciliari di Montesano. Secondo i giudici viene meno lipotesi del reato associativo, non essendoci il «comitato daffari» che il pm ipotizzava. Quanto basta a scatenare un regolamento di conti tra il Pd e gli «alleati» dellIdv.
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