Il giallo dell’altro morto nel passato di Cozzi: la polizia riapre il caso

Rimarrà in carcere Alessandro Cozzi, com’era inevitabile, interrogato ieri dal gip Brusa che ha confermato la custodia cautelare. Ma intanto si profilano altri guai per lui, perché la squadra mobile ha annunciato l’intenzione di riprendere in esame anche l’altra morte in cui fu coinvolto, quella di Alfredo Capelletti, ucciso da una coltellata al petto. Preludio a una possibile riapertura del caso, che dovrà comunque essere decisa dall’autorità giudiziaria.
Cozzi dalla galera non uscirà tanto presto, essendo reo confesso dell’omicidio di Ettore Vitiello, titolare dell’agenzia per la formazione e il lavoro, massacrato nel suo ufficio con 30 coltellate. Movente: un debito di 17mila euro che l’assassino non riusciva a onorare essendo già «sotto» di 70mila euro. «Sono dispiaciuto e pentito per la mia famiglia e quella della vittima» ha mormorato ieri al gip Gaetano Brusa che l’ha interrogato convalidando poi il fermo.
Ma per un caso virtualmente risolto, rimane aperto, o meglio da riaprire, quello di Alfredo Capelletti, trovato morto il 13 settembre 1998. «Per il momento siamo impegnati a raccogliere tutte le prove a carico, ma anche a favore, dell’indagato - spiega Alessandro Giuliano, capo della squadra mobile - perché la confessione può essere sempre ritrattata. E in questa direzione, proprio poco fa (ieri mattina per chi legge, ndr) il laboratorio scientifico della questura mi ha confermato che le tracce di sangue trovato sul luogo del delitto, sulle scale e in strada, appartengono a Cozzi». Nella colluttazione avuta con la vittima infatti aveva riportato ferite all’addome e alle mani.
Resta la vicenda Capelletti. «Ma a questo punto mi sembra fin troppo ovvio che il fascicolo andrà preso in esame. Per rivalutare ogni aspetto della vicenda. Attenzione però - ammonisce Giuliano - non parliamo già di caso riaperto, perché questa è una decisione che spetta all’autorità giudiziaria». Anche se i famigliari della vittima (la moglie Maria Pia, 60 anni, e i figli Elisabetta e Alessandro, di 34 e 37 anni) hanno già messo in moto i loro avvocati Adriano Bazzoni e Luciano Brambilla. Quel giorno l’uomo, collaboratore della vittima andò a prenderlo a casa e lo portò nel suo ufficio per «fare quattro chiacchiere». Capelletti dirigeva la «Innova Skills», specializzata nella formazione e consulenza aziendale e Cozzi collaborava come formatore. Un rapporto arrivato però, dopo una decina d’anni al capolinea, per una serie di scorrettezze del consulente. Cozzi dopo un po’ chiamò casa Capelletti annunciando che «Alfredo» avrebbe tardato perché intenzionato a tornare a casa a piedi. «Ma non ha portato le chiavi dell’ufficio». E così Cozzi andò a prendere Elisabetta, con cui tornò in ufficio e fece la scoperta. Le indagini si concentrarono su di lui, ma non fu trovata una prova schiacciante e il caso venne archiviato come «suicidio»
«Un trauma terribile - racconta ora la ragazza - reso ancora più duro dal fatto che Cozzi era un amico di famiglia. I miei erano cattolici praticanti e prima della nascita di noi ragazzi erano molti attivi nella parrocchia Immacolata Sant’Antonio di viale Corsica 68. Qui hanno conosciuto Cozzi e la moglie e hanno iniziato a collaborare alle diverse attività». Nel ’78 per esempio andarono insieme a Maccagno per registrare “Nonostante tutto l’uomo”, opera folk di Tony Cucchiara, poi proiettata in parrocchia. «Personalmente non ricordo quando l’ho conosciuto mentre ho ben in mente le volte che i Cozzi venivano a pranzo o a cena da noi. Tanto che fu naturale a 11 anni iscrivermi alla scuola privata cattolica “Monforte” del circuito Faes, dove insegnava anche Cozzi».


Un impegno civico e religioso che i Capelletti hanno trasferito anche ai figli, entrambi volontari sulle ambulanze della Croce bianca. Insieme alla caparbia ostinazione di fare luce sulla morte del padre «Ma non vogliamo vendetta, solo verità e giustizia».

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