da Roma
Se il Cia-gate si sta trasformando in un polpettone indigesto per chi lo ha cucinato, quello del Niger-gate è un minestrone ormai rancido. Le ultime da Washington fanno naufragare la tesi del complotto neocon cavalcata in Italia - con abbondanti imprecisioni - da Repubblica che ha giocato sempre «di sponda» con i blogger e giornali liberal americani del partito «anti-Tre B» (Bush, Blair e Berlusconi). Quanto prima il direttore del Sismi Nicolò Pollari e il sottosegretario Gianni Letta torneranno al Copaco e molto probabilmente illustreranno gli esiti dellinchiesta di controspionaggio del Sismi sul falso dossier delluranio. Una serena controffensiva a quella cabala mediatica andata avanti finché la raffica di smentite non si è fatta insostenibile. Tuttavia, come dimostrano le clamorose rivelazioni di Woodward, il ruolo dei media in questa storia è enorme. Lo stesso Washington Post, che fino a ieri gongolava per le disgrazie dellarcinemico New York Times, ora deve difendersi per il comportamento discutibile di Woodward. Daltronde, il giornale della Capitale americana nel Niger-gate ci aveva inzuppato il pane dando a Repubblica loccasione per rilanciare la pista del Sismi autore di un falso per compiacere gli Stati Uniti per la guerra in Irak. Cosa scriveva il Post? «Lex capostazione della Cia nel 2001 riceve Martino che prova a vendere il dossier falso». La ricostruzione è sballata, le lettere false arrivano allambasciata americana a Roma il 9 ottobre del 2002, mentre quelle citate dal Post sono «le notizie» - condivise da numerose agenzie di intelligence - sui presunti traffici di uranio tra Niger e Irak. Lesempio del gioco di sponda è utile per capire lo scenario globale in cui si sviluppano il Cia-gate e la costola italiana del Niger-gate.
Uno dei punti chiave è il ruolo del network televisivo americano Cbs che intervista per due volte Rocco Martino, la spia italiana al servizio degli 007 francesi e per due volte non manda in onda lintervista: la prima perché bruciata dalle omissioni di Martino (non rivelò di essere al servizio della Dgse francese) e la seconda perché incappò nel bidone del Bush imboscato durante il servizio militare che costò il posto a Dan Rather. Perché Martino volò in America per quellintervista? Al Giornale ha spiegato che aveva voglia di raccontare la sua verità e voleva cambiare aria. Si sentiva in pericolo. Vero? Non lo sappiamo. Certo è che la Digos di Roma lo tampinava, il Sismi lo seguiva, gli americani dellFbi iniziavano a tenerlo docchio. In un bigliettino autografo Martino spiegherà che la trasvolata con la Cbs fu il frutto di «pressure», pressioni. Quali? È una parte della storia poco raccontata, addirittura omessa perché non fa comodo alle ricostruzioni complottistiche. Eppure si sa che Martino per la Cbs si tagliò i baffi, fu «scortato» e ospitato da una giornalista del network, volò in business class, alloggiò in grande albergo negli Stati Uniti. Furono due bei viaggi che consentirono in qualche maniera a Martino di allentare la tensione e far perdere momentaneamente le sue tracce. Come nel Cia-gate, anche per la spy story di Rocco, grandi network, blogger, giornali liberal, esponenti politici democratici ed ex agenti di Langley, fanno tutti lo stesso gioco. Con sponda in Repubblica. Ma è un lavoro facile da scoprire.
Sul fronte intelligence lavorano i Vips della Cia, lassociazione dei veterani che nel Niger-gate ha avuto un ruolo di primo piano, con Raymond McGovern, Richard Beske, Kathleen McGrath, William Christison e Patrick Eddington. Di supporto, gli ex agenti «indipendenti» Vincent Cannistraro e Robert Baer. In servizio permanente effettivo la parte della Cia che non gradisce la riforma di Bush, larrivo di Porter Goss e la promozione di John Negroponte. Tra i blogger, spicca leccellente lavoro di Joshua Marshall (www.talkingpointsmemo.com) e Laura Rozen (www.warandpiece) che fanno ping-pong con Repubblica, che però ultimamente ha ripreso le analisi intriganti di theleftcoaster.com. «Interessante» anche la lettura di crookedtimber.org e di nuralcubicle.blogspot.com. I media indipendenti della rete che soffia sul Niger-gate sono The American Prospect, Democracy Now e il Washington Monthly.
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