Giallo sulla morte del Signor Gig Una pistola e la moglie uccisa

MilanoSangue sui giocattoli: quando l’hanno trovato, stringeva ancora fra le mani la pistola. L’arma con cui aveva ucciso la moglie e si era sparato. È finita male, malissimo, con un omicidio suicidio, la vita di Gianfranco Horvat, un’esistenza nel segno del gioco, dei bambini, della fantasia. Sì, aveva strappato alla noia e alla solitudine tanti fanciulli che avevano esplorato il mondo attraverso i suoi giocattoli o quelli da lui importati. Gianfranco Horvat, padovano, classe 1942, era entrato presto in quel mondo fatto di colori, fantasia e sorrisi. Giovanissimo aveva cominciato ad occuparsi dell’azienda fondata dal padre Aldo, la Horvat giocattoli. Poi, nel fatidico ’68, il grande salto: aveva fondato la Gig che in pochi anni si guadagnò grande visibilità in quel segmento di mercato. Un vero miracolo del made in Italy.
Non l’unica intuizione di una carriera a lungo fortunata. Nel 1995 era arrivato ad un passo dal portare la sua creatura in Borsa, intanto era diventato licenziatario per l’Italia del marchio Toy’s e quindi di Nintendo. Un’altra mossa azzeccata che l’aveva portato con passo sicuro nell’era dell’elettronica. Distributore di consolle ultrasofisticate e di coloratissimi giochi tradizionali, tutti oggetti di culto per i più giovani. Il gruppo Gig era arrivato ad avere 600 dipendenti, 160 dei quali nell’area fiorentina, il quartiere generale dell’impero. Invece no, il signor Gig si era trovato dopo tanti successi, in difficoltà. Problemi finanziari, il suo tallone d’Achille, che l’avevano travolto: aveva dovuto avviare la procedura di mobilità per cinquecento persone, aveva smobilitato e il gruppo era franato. Così, dopo un rapido declino, Horvat aveva ammainato la bandiera passatagli dal padre: aveva ceduto la sua malconcia azienda a Enrico Preziosi, che già nel ’95 aveva messo un piede nella Gig, col 5 per cento del capitale.
Horvat, però non era sparito, non si era ritirato fra rimpianti e ricordi, non era andato in pensione. Ad aprile, aveva conquistato la quota di maggioranza di un’azienda toscana, la Edison giocattoli ed era diventato Presidente e amministratore delegato. Insomma, era tornato alla passione di una vita e si era ributtato nel lavoro, provando l’adrenalina della seconda chance.
Invece la lampadina nella sua testa si è spenta per una qualche ragione, al momento oscura. L’imprenditore e la moglie Anna Grazia Satta, fiorentina e di qualche anno più giovane, erano andati per il week end in Versilia, nell’appartamento situato nel centro storico di Pietrasanta, la cittadina del marmo frequentata da artisti di caratura internazionale. L’altra notte, uno dei due figli della coppia ha raggiunto i genitori, ma non è riuscito ad entrare in casa. Nessuno rispondeva al campanello, la porta era chiusa dall’interno e le chiavi nella toppa, inoltre, dettaglio inquietante, la luce di una camera era accesa. Così l’uomo ha chiesto aiuto ai vigili. Lei, in vestaglia, era distesa sul letto: fulminata da due proiettili alla testa; il corpo del marito era per terra. Vicinissimo al letto. In mano, la pistola.
Resta il mistero. Gli investigatori non hanno trovato un biglietto.

Anzi, Piero Sarti, il sindacalista della Filtea-Cgil, che aveva incontrato Horvat un mese fa per la prima assemblea alla Edison, ne tratteggia un ritratto che è un inno alla vita: «Mi aveva fatto un’ottima impressione, non era in crisi, aveva tanta voglia di fare».

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