Giannini: «Per fortuna mi vedrete anche nei panni del mafioso»

da Roma

Capitale sgovernata? (Dopo il trauma cranico procurato al regista Giuseppe Tornatore da un paio di balordi romeni, in una Roma deserta, ora nella Trastevere sempre più insicura, il popolo fa battute: «Speramo che je spaccano ‘a testa puro a Nanni Moretti, così ce mannano l’esercito»). Nazione corrotta? Niente paura: l’autunno televisivo è dominato dagli uomini d’ordine, dai generali, dai marescialli, dai capitani, insomma da quegli integri che fanno la storia, tutti i giorni, a prezzo della vita. Tra essi, in prima fila, s’allinea a sorpresa Giancarlo Giannini, il popolare attore che tra una settimana entra, con la sua carismatica presenza, nella serie del Maresciallo Rocca, targata Raiuno, al fianco di Gigi Proietti. Dulcis in fundo: dopo undici anni e ventotto episodi, a chiusura del ciclo, «Pasqualino Settebellezze» interpreterà le ultime due puntate («ma non si sa mai», ha detto Proietti) di quella che, in realtà, è una miniserie, diretta da Fabio Jephcott e intitolata Il maresciallo Rocca e l’amico d’infanzia. A produrre, ancora Rai Fiction e Solaris Cinematografica. A ispirare l’inedita coda di questa fiction, popolare come la polenta della nonna o il nocino dei frati, l’omonimo romanzo di Laura Toscano (Mondadori), qui pure sceneggiatrice. A fiancheggiare il duo mattatorio Proietti-Giannini, Veronica Pivetti nel ruolo della signora Rocca: già dalla serie scorsa, infatti, la sua maestrina Francesca è riuscita a farsi mettere la fede al dito.
«Meno male che mi vedrete anche nel ruolo di mafioso», ride con disincanto Giannini, più felice d’aver piazzato, in Cina, una sua invenzione (è perito elettronico e genio dei brevetti) che di stare sul set. «Mi sono divertito insieme agli ingegneri cinesi, che dovevano assemblare i miei pezzi e preferisco starmene nel mio angolino, in silenzio, con un pezzo di rame tra le mani, o un foglio per scarabocchiare. Ormai tutti fanno tutto, è desolante. Lo dico sempre ai miei ragazzi del Centro Sperimentale: dopo tre anni con me, non lavorerete. Andate invece ai Grandi Fratelli, alle Isole dei Famosi, fate le veline e le letterine, tanto il più cretino sembra il più intelligente». Però, lavorare con Proietti, potrebbe gratificare. «Ma certo! Insieme non abbiamo mai fatto nulla, siamo amici ed è ora di animare una schermaglia tra attori come si deve. Non ho ancora ricevuto la sceneggiatura, ma so che c’incontreremo al funerale del nostro comune amico ciabattino. Rocca m’inviterà a indagare, con lui, su un castello di bugie e di crimini, mentre una donna, che amiamo entrambi, sebbene siamo sposati, si metterà di traverso», racconta l’attore, il 10 e l’11 settembre su Canale 5 come protagonista dell’attesa miniserie Il Generale Dalla Chiesa, per la regia di Giorgio Capitani. «Ho girato questa fiction con molto amore, superando la paura che avverto calandomi nel ruolo d’un personaggio realmente esistito. Perché gli eroi sono persone normali, ma al tempo stesso straordinarie», nota Giannini, carismatico nella parte del generale, che lottò contro le Br e che pagò con la vita, nell’agguato mafioso del 3 settembre 1982. «E pensare che m’avevano offerto pure di girare un “Generale Della Rovere”, remake dello splendido film di Rossellini. Avrei accettato, se solo avessero trovato i fondi... Meno male che in autunno, però, mi vedrete nella parte d’un mafioso!», scherza l’attore, a novembre sul grande schermo con Milano-Palermo di Claudio Fragassi, noir al quale presterà la sua faccia più cattiva.
Ma non è finita qua, perché Giancarlo si vuole divertire e a marzo passerà, per la seconda volta (dopo Terno secco) dietro la macchina da presa, produce la Simple di Milano. «Se riesco a trovare gli ultimi soldi, curerò la regia di Death and Bar, ovvero Ti ho cercato in tutti i necrologi. Doppio titolo, perché girerò direttamente in inglese.

La storia, ambientata in un bar, da me scritta insieme al giovane sceneggiatore Luca D’Alisera, parte da un’idea di base, che adoro: la tragedia greca. Ma in chiave ironica. Ci saranno duelli al sole, parecchi morti e tanta tecnologia digitale».

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