Un Giardino ci salverà dalla distopia tecnologica

Intelligenza artificiale, riscaldamento globale, spersonalizzazione dell'individuo, dipendenza da dispositivi elettronici: non una novità dirompente. Però, la prosa di Helen Phillips è immediatamente accattivante

Un Giardino ci salverà dalla distopia tecnologica
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Forse non manca molto. Forse la società degli umani si trasformerà in un mondo asettico, organizzato alla perfezione (o quasi) dall'intelligenza artificiale, prima che ce ne accorgiamo. I segnali in tal senso abbondano, anche se la sostituzione del cervello umano con quello artificiale non si è di certo compiuta del tutto. È in un pianeta nemmeno troppo distopico, considerate le premesse, come questo che si svolge Um (Nottetempo, traduzione di Emilia Benghi, pagg. 312, euro 17), il nuovo romanzo dell'americana Helen Phillips, un pianeta di "edifici incolori, indistinguibili dal cielo incolore", in un anno in cui "il numero di esseri umani che avevano vissuto intense emozioni negative era più elevato rispetto a qualsiasi altra epoca". Ed è in quel contesto che si muove May, una madre di famiglia che ha perso il lavoro mentre il marito svolge mansioni saltuarie rimpiazzata da uno dei tanti robot chiamati "um". Pur di dare un futuro al marito e ai figli, accetta di fare da cavia in un agghiacciante esperimento collettivo in cui, attraverso un intervento di microchirurgia al volto, le vengono modificati i lineamenti di quel tanto che basta per eludere le telecamere di sicurezza disseminate ovunque. La società è, infatti, totalmente sotto il controllo degli onnipresenti um, grazie a un'aria per lo più irrespirabile e a un avanzamento tecnologico preoccupante. Anche per questo, May investe una parte dei soldi ricevuti in quattro biglietti per trascorrere tre giorni nel Giardino botanico, un luogo in cui la natura dovrebbe trasformarsi in delizia elitaria. Perché l'esperienza sia totalizzante, May pretende dal marito e dai figli che lascino a casa i rispettivi congegni elettronici. Ma nemmeno la soavità del Giardino botanico restituisce alla famiglia di May la serenità della normalità: la società totalizzante dell'Ia è un incubo.

Intelligenza artificiale, riscaldamento globale, spersonalizzazione dell'individuo, dipendenza da dispositivi elettronici: non una novità

dirompente. Però, la prosa di Helen Phillips è immediatamente accattivante per la freddezza deliberata con cui detta la cadenza di "un romanzo nato come ricerca" e che si dipana non senza colpi di scena fino all'ultima pagina.

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