Gino Paoli: canto il jazz e intono Va’ pensiero

Gino Paoli: canto il jazz e intono Va’ pensiero

Roma. A fermarlo, Gino Paoli, non ci riesci: neanche adesso che ha pubblicato il suo secondo disco jazz per intero, quel Un incontro in jazz registrato dal vivo con signori musicisti come Flavio Boltro, Danilo Rea, Rosario Bonaccorso e Roberto Gatto. È lucidissimo, parla di tutto, esonda, allude al filosofo Bergson, quello che superò il Positivismo, si commuove per Lauzi, esalta Nat King Cole e Tony Bennett, ricorda Marlene Dietrich vista alla Bussola e conferma che l’unico cantante nel quale oggi si riconosca è sempre Vasco Rossi, altro che cantautori che «riciclano sempre loro stessi». Per farla breve lui che ha 77 anni, una pallottola dentro il cuore dal 1963 e un bel pezzo di storia della canzone italiane sulle spalle, pubblica Un incontro in jazz, ciddì registrato in presa quasi diretta durante tre concerti a fine dicembre all’Auditorium Parco della Musica di Roma, ossia poco distante da dove ora lo presenta, entusiasta: «Suoniamo sempre improvvisando, non c’è mai una canzone uguale all’altra». E in effetti è così, dalla Smile dell’enorme Charlie Chaplin fino a Eu sei que vou te amar di Antonio Carlos Jobim e Vinicius de Moraes fino ai cinque brani inediti che iniziano tutti con Canzone e - lo conferma proprio lui - «identificano il carattere di tutti i musicisti che suonano con me». Grande disco, bisogna ammetterlo, godibile e suonato in modo superbo. Ma, si sa, Gino Paoli è (anche) altro: passione.

«Beppe Grillo? Non credo a chi pensa di avere tutte le verità in tasca». «La destra? La democrazia significa accettare chi vince le elezioni, anche se io mi sento minoranza». Però, tanto per dire, il Primo Maggio sarà sul palco del Concertone organizzato dai sindacati, autentico tempio dell’antiberlusconismo.

Però canterà Va pensiero, che sostanzialmente è (anche) un inno leghista: «Due volte, in tempi diversi, mi hanno chiesto di riscrivere l’Inno d’Italia. Ma secondo me Va’ pensiero è il vero inno italiano, persino gli austriaci, quando se ne andarono alla sua prima esecuzione, lo avevano capito». E se lo dice lui.

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