nostro inviato
a Milanello
È inutile negare, come fa Carletto nostro con quellaria da cherubino. Ma la sfida dell8 maggio - zampata di Trezeguet, scudetto a don Fabio - ha lasciato il segno, al pari di Istanbul, sulla pelle e sugli umori del Milan più recente. Nel male, fin qui, oltre che nel bene, ne ha dettato persino gli orientamenti strategici. Così se i primi due passi falsi in campionato (ad Ascoli e Genova) hanno ingigantito le insoddisfazioni moltiplicando i rimorsi per la marcia trionfale dei campioni di Torino, la gestione mirata di un turn-over autentico ha permesso di incassare successi e di valorizzare la panchina al meglio, risparmiando persino le prime firme, come Kakà e Maldini, Gattuso e Pirlo, sottoposti un duello fa, a un logorio incredibile. Da quel giorno, con il gruppo giunto consumato alla sfida tricolore, Ancelotti ha cambiato strategia. E ieri sera, prima di scoprire una cifra da custodire nel cuore (221 panchine in rossonero, una in più del maestro riconosciuto, Arrigo Sacchi, quinto di sempre nella classifica guidata dallicona Nereo Rocco), ha deciso di aprire la sua vigilia al meglio delle forze a disposizione.
Tutti convocati tranne uno, Ambrosini, infortunato. E pazienza se almeno in due devono accomodarsi in tribuna. Così ha scelto di recuperare Nesta e di tenere Stam, già risparmiato ad Empoli, sulla corda, e di inseguire anche limprobabile recupero di Shevchenko, tormentato dal dolore e dallinfiammazione al calcagno destro, che comunque andrà in panchina.
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