Roma

«Per giocare bisogna essere molto seri»

John De Leo (ex Quintorigo) torna con un cd pieno di ironia dal titolo «Vago svanendo»

«La mia aspirazione è diventare il primo cantante muto della storia». Parole di John De Leo, scovate tra le note che accompagnano Vago svanendo, il raffinato album appena pubblicato. Già voce dei Quintorigo, l’artista romagnolo sarà stasera alle 18 presso la Feltrinelli di Galleria Colonna, per raccontare e cantare le nuove canzoni.
Un disco sofisticato e ricercato ma anche spontaneo.
«Sono idee non cercate, arrivate in maniera casuale. D’altro canto, raffinare un’idea e determinarla non è un processo semplice».
Un album zappiano, per la sua varietà e per l’approccio serio ma allo stesso tempo ludico.
«Il paragone con Frank Zappa mi lusinga e me lo tengo ben stretto. C’è indubbiamente la componente divertita e divertente, ironica e autoironica che era ben presente nei dischi di Zappa. Se proprio devo trovare un filo conduttore che mi leghi a lui (con le dovute proporzioni) è la ricerca del nuovo e del diverso».
Tra citazioni e omaggi, spuntano Billie Holiday e Paolo Conte.
«Reinterpreto Big stuff, un classico della Holiday, perché mi piace e mi diverte poter dare una veste diversa dall’originale. Nel caso di Conte, in Spiega la vela uso esplicitamente il suo linguaggio per rendergli omaggio. Prendo quei codici stilistici e li rileggo a modo mio».
È riuscito a musicare un monologo di Alessandro Bergonzoni.
«Un’impresa da pazzi. Con Christian Ravaglioli abbiamo “tirato giù” le sue parole sillaba per sillaba, musicandole. Un’operazione paradossale, che nelle mie intenzioni apre un varco, una nuova via per cercare il connubio e studiare il rapporto tra musica e parole. Chissà che non prenda pieghe inaspettate, portandoci a un nuovo grammelot».
In «Vago svanendo» ha suonato vari strumenti-giocattolo.
«Lo strumento, come dice il nome, è al servizio dell’idea. Nel caso dei giocattoli è stata una scelta giocosa. L’aspetto ludico è una componente inevitabile, ha a che fare col bambino che mi abita e che ci abita. Un modo per tirare fuori l’ironia, necessaria per cercare di cavarsela in questa vita.

D’altra parte, per giocare bisogna essere molto seri».

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