Giochi di Roma, oggi o mai più

Giochi di Roma, oggi o mai più

RomaOggi è l’ultimo giorno utile per il sì di Monti a Roma 2020. E la vigilia si è tinta di giallo. Il sindaco Alemanno ha parlato di un incontro con il premier, chiamato a sciogliere la riserva sulla candidatura della Capitale. Doccia gelata da palazzo Chigi: nessuna riunione prevista, anche se Monti sta comunque studiando il «dossier Olimpiadi». «Conta la risposta, non l’incontro», preciserà a tarda sera Alemanno.
Il tempo è ormai scaduto e cresce il pessimismo di chi sta lottando per il «sogno» dei Giochi a Roma (parole del capo dello stato Napolitano, tra i sostenitori delle Olimpiadi). A poche ore dalla «deadline», il professore non ha ancora sciolto le riserve e, a quanto sostengono i bene informati, in privato non ha mai mancato di esprimere dubbi e perplessità sulla candidatura. «Atene insegna...», lo spiffero da fonti vicine al premier. Che parlerà dell’argomento nel consiglio dei ministri di oggi, auspicando magari una decisione «collegiale».
Il sindaco Alemanno si fa forte dell’ultimo importante step: le mozioni presentate da Pdl, Pd e Udc, ovvero dai partiti della maggioranza che sostiene l’attuale governo tecnico. Ora attende il sì di Monti «per la convergenza realmente bipartisan». In una riunione al Campidoglio ha fatto il punto con il presidente del comitato promotore Pescante, quello onorario Letta, il numero uno del Coni Petrucci e l’assessore capitolino ai Grandi Eventi Sensi. Mettendo sul piatto anche 380 milioni di finanziamenti privati per completare il progetto di Tor Vergata. Una spinta finale per far svanire le perplessità del premier.
Il sì non è dunque affatto scontato: se arriverà, Monti firmerà la lettera di garanzia da portare domani, in extremis, al Comitato olimpico internazionale a Losanna; se ci sarà un no, il progetto Giochi verrà affossato definitivamente. E Roma uscirà dalla gara che vede schierate Tokyo, Madrid, Istanbul, Baku e Doha che hanno già presentato i loro questionari ai membri Cio.
Il 12 gennaio scorso era giunto sul tavolo del premier un accurato studio di fattibilità economica su costi e ricavi dell’investimento su Roma 2020 al passo con i tempi: austerity, rigore nel controllo dei costi e trasparenza nella gestione. Secondo la relazione della commissione Fortis-Carraro, si prevede un’Olimpiade per il Paese praticamente a costo zero, con aumento del Pil dell’1,4% e una media annua di nuovi occupati di 12mila unità, con il picco di 29mila nel 2020. Da allora Mario Monti, quando è stato interpellato sull’argomento, ha sempre risposto: «Deciderò nei tempi previsti, ovvero entro il 15 febbraio». Data che è arrivata in un baleno.
Ecco che nelle ultime due settimane è iniziato il pressing (non gradito da Monti) sul premier per strappargli una risposta positiva su una candidatura che il comitato promotore e il Coni hanno sempre definito figlia di una congiuntura «irripetibile». L’appello di 60 sportivi (e ieri quello dell’ex gloria del basket Meneghin), quello di 30 personaggi di spicco della cultura, passando per i sì dei leader delle maggiori forze politiche (Alfano, Bersani e Casini), di Confindustria e sindacati.
Varie le anime all’interno dell’IdV (dal favorevole Orlando allo scettico Pedica, che consiglia al premier di «guardare il casellario giudiziale del comitato»), mentre il fronte dei contrari è capitanato dalla Lega: anti-appello a Monti dell’ex ministro degli Interni Maroni che ha parlato di «mangiatoia» e di Olimpiadi «pagate dai soliti contribuenti padani...». Pareri negativi anche dai dossier di Legambiente, Wwf e Fai (dubbi legati in particolare alle aree sul fiume Tevere). E ancora i no dell’ex campione della velocità Mennea e dell’ex manager di Formula 1 Briatore.

Ieri poi la provocazione del deputato del Carroccio Cavallotto, in risposta ad Alemanno («la Lega è turbata perchè le Olimpiadi sarebbero una grande vittoria per l’unità del paese»): «Se dovesse vincere la candidatura - ha detto il leghista -, tutto il mondo potrebbe vedere che la capitale non è in grado di affrontare qualche centimetro di neve e pensare così che anche i sindaci del nord siano incapaci...».
«A Monti ora manca solo la penna...», ripete da giorni Gianni Petrucci. La decisione sarà al fotofinish, ma il lieto fine è tutt’altro che scritto.

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