In gioco c’è anche il progetto Fabbrica Italia

Questa sera, ma forse anche a notte inoltrata, i 5.200 dipendenti Fiat di Pomigliano d’Arco conosceranno la loro sorte. Azienda e sindacati si siederanno per l’ultima volta al tavolo della trattativa per evitare una rottura che costringerebbe il Lingotto a stravolgere i piani di rilancio della fabbrica campana e, con tutta probabilità, a rivedere (nella migliore delle ipotesi) il progetto «Fabbrica Italia». Insomma, i piani di rafforzamento del gruppo torinese nel Paese è legato alla risposta che la delegazione di Sergio Marchionne (nella foto, a destra) guidata da Paolo Rebaudengo, riceverà al termine di quella che si annuncia una drammatica maratona. Il governo, comunque, non farà mancare il suo peso al vertice di oggi. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha infatti ribadito in questi giorni l’importanza del progetto Fiat per l’Italia, «un’opportunità che non è consentito perdere». In gioco ci sono migliaia di posti di lavoro e la presenza produttiva nella penisola del più importante gruppo industriale, la Fiat. Ecco perché, se la situazione dovesse nuovamente arenarsi, non è escluso l’intervento del premier Silvio Berlusconi il quale, tra l’altro, ha assunto l’interim alla guida del ministero dello Sviluppo economico. Le posizioni dei sindacati sono rimaste pressoché immutate: Fim-Cisl, Uilm e Fismic sono favorevoli a trovare un’intesa, anche se con alcune modifiche alla proposta aziendale, mentre l’atteggiamento della Fiom-Cgil non ammette cedimenti sulle deroghe alle leggi e al contratto nazionale. Il Lingotto, da parte sua, è pronto a investire 700 milioni per la ristrutturazione della grande fabbrica campana, iniziando così a produrre la nuova Panda dalla metà del 2011. L’investimento è però condizionato a un’intesa con i sindacati sull’organizzazione del lavoro, con la richiesta di maggiore flessibilità. Altrimenti, secondo l’amministratore delegato Marchionne, l’auto sarà prodotta in un altro Paese (in pratica, le risorse saranno dirottate sulla Polonia).
Al senso di responsabilità dei sindacati fa riferimento, in una nota, anche il Gruppo componenti Anfia, che rappresenta la filiera dell’automotive. «Non si tratta solo della trattativa Fiat-sindacati su Pomigliano - ha dichiarato il presidente Mauro Ferrari - ma a essere in gioco è il radicamento dell’intera filiera automotive in Italia, arrivato ormai a livelli di sussistenza destinati a deteriorarsi in assenza di investimenti produttivi da parte di Fiat nel nostro Paese. Rifiutare il piano Fiat significa porre un veto allo sviluppo dell’intera filiera produttiva: i grandi gruppi industriali a livello internazionale, in particolare quelli della componentistica, non avranno infatti ragioni per investire in Italia, anzi tenderanno a disinvestire.

Il piano Fiat, 20 miliardi di euro per l’Italia sui 30 totali, rappresenta un investimento paragonabile al valore di una Finanziaria di due anni».
Ieri, intanto, il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, ha dato un’altra stoccata: «La Fiat tira un po’ troppo la corda. Il prendere o lasciare è uno sbaglio».

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