Il giocoliere della musica che ha inventato il suono più raffinato del grande pop italiano

Compositore e produttore, ha lavorato pure con Vasco, Pausini, Ramazzotti e Morandi

Il giocoliere della musica che ha inventato il suono più raffinato del grande pop italiano
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Celso Valli è morto a Bologna il 27 luglio. Aveva 75 anni. Era nato, sempre a Bologna, il 14 maggio 1950. È stato musicista, produttore, arrangiatore e compositore e ha collaborato con centinaia di artisti italiani come Mina, Adriano Celentano, Gianni Morandi, Laura Pausini, Giorgia, Eros Ramazzotti e Vasco Rossi. È sua la produzione del disco più venduto di sempre in Italia, «La vita è adesso» di Claudio Baglioni. I funerali si celebreranno mercoledì 30 luglio nella Chiesa di San Valentino a Bologna.

Ci sono artisti che magari non si riconoscono ma che sono nella vita di tutti noi, l'hanno accompagnata, segnata, condivisa. Celso Valli era uno di loro ed è per questo che ieri la sua morte ha seminato commozione e suscitato così tante reazioni che magari neanche un volto più popolare. "Con quella sua eleganza, quella sua raffinatezza e pur sanguigno! Un genio assoluto. Un grande amico di fiducia. È eccelso Celso. Mi mancherai moltissimo. Mi manchi già" ha scritto ieri di getto sui social Vasco Rossi ricordando che "praticamente è stato il curatore degli arrangiamenti di tutte le mie ballate... Senza parole, Sally, Un senso, Se ti potessi dire". Come compositore, arrangiatore e produttore, questo bolognese nato vissuto e morto a Bologna ha anticipato il futuro pur essendo sempre nel presente.

Lo ha fatto perché è subito andato oltre la rigida barriera dei generi musicali, spaziando in mezzo secolo dal progressive rock alla Italo disco, dalla canzone d'autore al pop, al rock persino alle colonne sonore visto che c'è il suo intervento anche in quelle del Padrino Parte III di Francis Ford Coppola e To Rome with love di Woody Allen. La forza di un produttore/compositore è quella di saper intercettare il tempo prima del tempo, e di legare il proprio nome a musica che diventi epocale o che si leghi a una generazione. Lui l'ha fatto. "Mi mancherai, Maestro", ha scritto ieri Eros Ramazzotti che con Celso Valli ha condiviso una strada fatta di Terra promessa, Adesso tu, Una storia importante, Se bastasse una canzone, Cose della vita, tutti brani che hanno disegnato una delle carriere più belle tra gi artisti italiani. Ma non solo. C'era Celso Valli alla rinascita di Adriano Pappalardo (Ricominciamo nel 1979), di Gianni Morandi nel 1981 con Canzoni Stonate e al successo clamoroso di Nell'aria di Marcella Bella nel 1983.

Ma c'è sempre lui di fianco alla Mina di Anche un uomo o a capolavori come Ti sento dei Matia Bazar e Quello che le donne non dicono cantata da Fiorella Mannoia. E se il rapporto con Vasco Rossi è arrivato anche alla Scala con lo spettacolo L'altra metà del cielo (sei solisti ed il corpo di ballo danzavano su brani di Vasco, tutti ovviamente orchestrati da quel geniaccio di arrangiatore) è dell'ec"Celso" Valli la firma quarant'anni fa degli arrangiamenti di La vita è adesso di Claudio Baglioni, l'album più venduto della storia italiana ("Di gran lunga" ha sottolineato poche settimane fa lo stesso Baglioni). In poche parole, se si mettesse uno dopo l'altro il nome di tutti gli artisti con i quali ha collaborato si arriverebbe senza problemi alla fine di questo articolo: Giorgia, Enzo Jannacci, Irene Grandi, Biagio Antonacci, Patty Pravo, Gerardina Trovato, Francesco Renga, Jovanotti, Renato Zero, Noemi, Emma, Ultimo, Alberto Urso, Iva Zanicchi, Adriano Celentano, Laura Pausini con la quale ha firmato successi come Tra te e il mare, Resta in ascolto e Primavera in anticipo. Infine c'è il Festival di Sanremo, dove ha diretto fino al 2023. Nel 1994 aveva portato alla vittoria Il mare calmo della sera di Andrea Bocelli, scrivendo per lui anche Dare to live (Vivere) poi duettata anche con Pausini.

Era tutto concentrato sugli altri, Celso. Si esprimeva attraverso le note altrui.

Non a caso il suo primo disco solista è solo di due anni fa, Sette canzoni al piano, nel quale il pianoforte diventava appunto lo stratagemma per sublimare uno stile mai invadente ma riconoscibile, talvolta ai bordi del neoclassico e mai volgare o kitsch a conferma che saper dirigere i suoni e architettare melodie è un talento che si spinge fino ai confini dell'arte.

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