Michele Anselmi
da Roma
Anche il loro, a pensarci bene, è Sangue dei vinti. Mentre a Raifiction, superato qualche intoppo, si stringono i tempi per dare il primo ciak alla miniserie tratta dal libro-inchiesta di Pansa, ecco stagliarsi all'orizzonte la coppia «diabolica» Valenti-Ferida. In fondo, la fucilazione dei due divi del fascismo per mano dei partigiani della Divisione Pasubio, all'alba del 30 aprile del 1945, in una Milano che il giorno prima aveva visto lo scempio di piazzale Loreto, rientra con qualche ragione nella resa dei conti documentata dal giornalista. Non per niente a pagina 51 si legge: «Maronzin (il capo partigiano, detto Vero, ndr) era uno di quelli che dettavano legge a Milano. Fu lui a far giustiziare, sulla base di accuse mai provate, due attori del cinema molto noti: Osvaldo Valenti, 39 anni, e Luisa Ferida, 31». Magari i tempi sono maturi, se anche il neopresidente Napolitano, nel riferirsi alla Resistenza, invita a non ignorare «zone d'ombra, eccessi e aberrazioni». Miele per Agostino Saccà, gran capo della fiction Rai, il quale proprio in questi giorni sta istruendo la pratica riguardante il film, prodotto da Angelo Barbagallo, socio storico di Nanni Moretti, e diretto da Marco Tullio Giordana, lo stesso di La meglio gioventù.
Il progetto doveva restare per ora segreto. Ma due righe di un'intervista di Monica Bellucci al Corriere della Sera hanno rovinato la sorpresa: l'attrice si è detta «in parola» con il regista, di cui ha molta stima, e certamente sul suo nome sarà più facile chiudere l'operazione, prevista per il 2007. Confermano sia Barbagallo sia Giordana. Dunque, la tragica vicenda dei due divi del regime diventerà un film in due puntate, e c'è da star certi che se ne parlerà a lungo prima della messa in onda. Benché lontani, i fatti che portarono all'esecuzione dei due attori, accusati di aver frequentato i torturatori della famigerata «banda Koch», continuano a dividere, a urtare sensibilità. Non che manchino accurati libri sulla vicenda, a partire da quel Gioco perverso di Italo Moscati poi trasformato dallo stesso autore, nel 1991, in un film tv con Fabio Testi e Ida Di Benedetto; e però, anche recentemente, introducendo il volume di Odoardo Reggiani Ascesa e caduta di due stelle del cinema, Paolo Pillitteri raccomanda di togliere «il paraocchi delle idee che spesso crescono con noi e si stabilizzano nel nostro Dna».
Certo, sarà interessante vedere come Giordana, cineasta di sinistra che già affrontò per la tv il truce periodo repubblichino con Notti e nebbie, ricostruirà la sequenza dei fatti: dal formarsi della coppia, bella, maledetta e viziosa, alla fuga a Venezia dopo l'8 settembre, quando Valenti aderì alla X Mas in qualità di tenente del Battaglione nuotatori e paracadutisti. Il regista di La meglio gioventù spiega di aver a lungo coltivato il progetto. «La prima versione del copione risale al 1981. La scrissi insieme a Enzo Ungari e Leone Colonna, subito dopo Maledetti vi amerò. Mi proposero di farne un film per il cinema, ma avrei dovuto prendere attori americani e girarlo in inglese. Non mi andava. Meglio farlo bene ora per la tv, con interpreti italiani». Incassato il sì di Monica Bellucci per la Ferida, Giordana dovrà ora mettersi alla ricerca del suo Osvaldo Valenti, e non sarà facile. Eppure il candidato perfetto c'è, almeno sul piano della somiglianza fisica: Claudio Bisio. A guardarlo, sembra di rivedere sputato il Valenti di film come La contessa di Parma e Un'avventura di Salvator Rosa, La cena delle beffe e l'Enrico IV che tanto sarebbe piaciuto a Orson Welles. Il critico Franco Mariotti ne ricorda «lo sguardo febbrile, il sorriso ironico, l'espressione tormentata, tesa in guizzi sardonici che lo rendono particolarmente adatto in ruoli morbosi, di raffinata crudeltà che rasenta il sadismo». Un'immagine che gli resterà appiccicata addosso, facendo tutt'uno con quella di lei. Perversi, sadici, cocainomani, promiscui, e chissà cos'altro ancora. «Ferida e Valenti non erano né fascisti né antifascisti: erano prigionieri di un gioco. E di questo, in alcuni momenti, si può anche morire», ha scritto lo studioso Gian Marco Montesano.
Un parere condiviso dal regista Piero Vivarelli, che insieme al fratello Roberto si arruolò appena sedicenne nella X Mas (oggi è comunista, amico di Fidel Castro). Vivarelli frequentò il vero Valenti e su quei fatti ha scritto una sceneggiatura intitolata La morte e il Carnevale, che sarebbe dovuta diventare un film coprodotto dalla Rai. Purtroppo il progetto si arenò, anche per i motivi legati ai costi. «Faccio i miei auguri a Giordana, che è bravo, ma io l'avrei fatto meglio, essendo stato un testimone oculare», commenta. Vivarelli ha una teoria sulla fine della coppia. «Osvaldo e Luisa si consegnarono ai partigiani delle Brigate Matteotti sicuri di essere risparmiati. Non s'erano macchiati di crimini, il loro problema era la droga. Dico di più: Valenti, negli ultimi mesi di guerra, aveva intrattenuto decisivi rapporti con i partigiani a nome della X Mas. L'ordine di fucilazione arrivò dall'alto, da Pertini: temeva che la verità venisse a galla».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.