Al Giornale una busta con bossoli per tre ministri

Messaggio intimidatorio per Padoa-Schioppa, Visco e Bersani. "Gesto da condannare senza appello"

Al Giornale una busta 
con bossoli per tre ministri

Milano - Negli anni caldi della strategia della tensione, le difficoltà dei governi italiani erano spesso insanguinate da stragi senza colpevoli. Oggi, con il Belpaese in declino superato nel portafogli anche dai cugini spagnoli, ci si limita fortunatamente a una fitta corrispondenza di proiettili in busta, quasi una garanzia per le Poste Italiane sotterrate dai messaggi Internet. Gli ultimi cadeaux, puntualissimi per il clima di scambi natalizi, sono stati recapitati ieri alla sede di questo giornale indirizzati a tre esponenti di governo da tempo sotto tiro: Tommaso Padoa-Schioppa, Vincenzo Visco e Pierluigi Bersani. Ovvero il triumvirato dell’economia, quelli accusati di una manovra lacrime e sangue, di tredicesime sforbiciate e, almeno per quanto riguarda i primi due, di una velenosa faida costata la poltrona al generale della Finanza Roberto Speciale. Il plico, contenente tre buste con i nomi dei rispettivi destinatari, è piovuto sul tavolo della segreteria assieme al consueto fiume di corrispondenza rinforzato dai pacchi di auguri, quelli veri. Uno degli impiegati, Valerio, capisce quasi subito che non si tratta del solito lettore: «Rovistando nel pacco della posta ho notato una strana busta gialla con il francobollo senza il timbro postale e con l’indirizzo ritagliato dalla gerenza del quotidiano. All’interno c’erano tre buste da lettera con i nomi dei ministri scritti a normografo e, toccandole, mi sono accorto che contenevano strani oggetti». Valerio, forse un po’ incautamente, decide di aprire le buste e da ognuna fuoriesce un proiettile calibro 22, messaggio inequivocabile ma senza alcuna lettera di rivendicazione.

La Digos indaga, anche se bossoli e pallottole non costituiscono certo una novità per la portineria di via Negri. Tralasciando quelli partiti per davvero dalle pistole delle Bierre nel ’77 a discapito del suo fondatore Indro Montanelli, è da tempo che gli indirizzi del quotidiano sono preferiti da ignoti aspiranti giustizieri, finora per fortuna rimasti tali. Risale soltanto allo scorso ottobre la missiva giunta alla sede romana di via Due Macelli, in quel caso dedicata direttamente al premier: un bossolo calibro 9 accompagnato da un messaggio breve e conciso non lasciava spazio ad alcun dibattito politico: «Prodi dimettiti o non ci saranno altri avvertimenti». Il Professore, inutile dirlo, non s’è mosso di un millimetro e il killer epistolare è tornato, bontà sua, nell’iperuranio. Per non parlare delle decine di lettere minatorie, messaggi di insulti corredati o meno da piombo in sottovuoto, di cui il Giornale è stato direttamente oggetto per le sue campagne politiche. Poco male, alle volanti parcheggiate e ai poliziotti che stazionano all’ingresso del giornale ci si era fatta da anni l’abitudine.

Ma se di mezzo ci sono i ministri del governo «avversario», la faccenda è forse più antipatica che inquietante. E ieri si è fatto sentire il coro di sdegno e solidarietà da parte dei colleghi della maggioranza, come quello del leader Prc Franco Giordano che ha stigmatizzato «un gesto ignobile, volto a inquinare e minacciare la vita politica, democratica e civile del Paese». Vale doppia la solidarietà di Mastella già oggetto anch’egli, in compagnia della moglie Sandra Lonardo, di analoghe minacce e che in Parlamento precisò che il proiettile «di sicuro non me lo sono spedito da solo». Ieri invece ha rincuorato i suoi tre colleghi: «Questo vile gesto non può che provocare sentimenti di sdegno e di riprovazione in tutto il mondo politico».

Toni più cauti dal direttore del Giornale Mario Giordano che, nel commentare «un gesto preoccupante da condannare senza appello», aggiunge: «Abbiamo vissuto periodi di maggiore contrapposizione e esasperazione e certi atti vanno valutati per quel che sono, cioè dando loro il giusto peso».

D’altronde, chi si interessa di football ricorderà che a marzo un bel proiettile fu recapitato anche al presidente dell’Inter Moratti («scudetto rubato») e pochi giorni dopo pure ai vertici del Milan («Ora basta, cambiate giocatori»). Ciò non ha impedito ai primi di dominare la classifica e ai secondi di vincere due megacoppe.

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