Giornalisti al voto per rinnovare i vertici sindacali

Oggi, domani e lunedì. Da ieri e per altri tre giorni si vota per il rinnovo delle cariche della Federazione Nazionale della Stampa e delle associazioni regionali. Tre giorni in cui i giornalisti professionisti e pubblicisti sono chiamati ad esprimere la propria preferenza per scegliere i candidati che dovranno difendere diritti e doveri della categoria. Con la speranza di far valere quel principio alla base dello Statuto del sindacato unico dei giornalisti italiani e che ricorda come «la Fnsi sia autonoma rispetto a tutte le forze politiche, sindacali ed economiche». Pierfrancesco Gallizzi, leader del «Movimento Liberi Giornalisti» e candidato alla lista «Stampa Libera» riparte da qui per costruire una nuova impostazione del sindacato dei giornalisti. Per lui, 44 anni, da sei impegnato nell’attività sindacale, è necessario far riferimenti a quel principio «se davvero si vuole dare slancio, forza e credibilità a una struttura che appare sempre più come una costola, o peggio, la bocca di fuoco di alcuni partiti della sinistra». Basta guardare agli ultimi fatti, la cronaca delle scorse settimane che racconta della condanna comminata dall’Ordine dei giornalisti al direttore editoriale del Giornale, Vittorio Feltri per il caso Boffo. Una sospensione di tre mesi che suona più come una sentenza politica che una sanzione deontologica per un mancato rispetto di un’etica professionale.
È inutile allora, spiega Gallizzi, far finta di non vedere la realtà. «L’attuale modello di sindacato è percepito, sia all’interno della categoria, sia dagli osservatori esterni, quasi come un partito e non come il soggetto capace di garantire l’applicazione del contratto di lavoro, di promuovere la rioccupazione di colleghi senza lavoro, di combattere l’abusivismo e di difendere la dignità di giornalisti sottopagati». Come a dire che forse varrebbe la pena che la Federazione nazionale della stampa dedicasse un po’ meno tempo alle critiche a senso unico, indirizzate al premier Silvio Berlusconi, e concentrasse invece le proprie attenzioni e risorse ai problemi veri della categoria: le crisi occupazionali, piaga per moltissimi giornalisti, la previdenza e il futuro della professione.
Ricorda Walter Tobagi, Gallizzi, si rifà alle parole del cronista del Corriere della Sera fondatore dello storico sindacato lombardo «Stampa democratica» oggi guidato da Giovanni Negri, per provare a spiegare la distanza che si è creata tra le richieste reali dei giornalisti e i temi discussi all’interno della Fnsi. «C’è la sensazione che il dibattito all’interno del sindacato dei giornalisti coinvolga un numero sempre più ristretto di persone che finiscono per trovarsi totalmente distaccate dalle esigenze dei colleghi che lavorano all’interno delle redazioni o collaborano dalle sedi esterne. Le prese di posizione a tutela della «libertà di stampa» Non possiamo però accettare che il sindacato sia soprattutto questo. Chi non capisce che questa è la strada che ha portato alla disaffezione è miope». E dopo le critiche, le proposte concrete per cambiare.

«Noi di “Stampa Libera” ci stiamo battendo perché tutti i giornalisti (redattori, collaboratori freelance, precari) siano rispettati e remunerati correttamente. Vogliamo che i fondi del sindacato siano destinati alla formazione dei collegi in difficoltà. Lottiamo perché le sedi regionali diventino innanzitutto un punto di riferimento per i colleghi più deboli».

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