Una giornata da turisti nella città amata da Marinetti e Stendhal

È al civico 21 di via Bigli che un giovane Albert Einstein, tra una passeggiata in Duomo e una alla Scala, gettò le basi delle ricerche scientifiche che avrebbero rivoluzionato il mondo della fisica; mentre è in via Armorari, nell'edificio dietro piazza Cordusio (allora sede della Croce Rossa), che un giovane Ernest Hemingway, ferito a una gamba sul Piave nell'estate del 1918, fu curato e assistito dalla bella infermiera Agnes von Kurowsky, della quale lo scrittore s'innamorò tanto da immortalarla nel romanzo «Addio alle armi».
Ed è a Palazzo Bovara, al 51 di corso Venezia, che Henri Bayle, meglio noto come Stendhal, scrisse alcune delle sue pagine immortali; mentre nella stessa via, al numero 23, Filippo Tommaso Marinetti prese la rincorsa per il folle volo iconoclasta contro le tradizioni, i musei, il chiaro di luna, i piagnistei delle religioni, partorendo quel «Manifesto futurista» che da lì a poco avrebbe cambiato il Novecento. E poi la casa in via Durini al 20, in cui dal 1909 al 1957 «visse e operò Arturo Toscanini nel nome della musica e della libertà»; o l'appartamento di via Grossi, dove abitò per un paio di mesi, nel 1825, il poeta Giacomo Leopardi, di passaggio a Milano per occuparsi dell'edizione completa delle opere di Cicerone... Palazzi, ville, monumenti, scorci paesaggistici e luoghi dal passato leggendario: sono le 1001 cose da vedere a Milano almeno una volta nella vita, come recita il titolo del poderoso volume appena pubblicato da Newton Compton (pagg. 704, euro 29,90), che attraverso i curiosi testi di Gian Luca Margheriti (già autore per la stessa casa editrice di Milano Segreta e 101 storie di Milano che non ti hanno mai raccontato) e i disegni a colori realizzati da un team di illustratori di prim'ordine (Antonio Bruno, Federico Fieni, Giovanna Niro, Michele Penco, Fabio Piacentini) ci accompagna in un viaggio fra storia e letteratura, arte e misteri, passioni e vendette. Accanto a luoghi-simbolo come il Duomo, il Castello Sforzesco, la Galleria Vittorio Emanuele II, i Navigli o le Colonne di San Lorenzo, troviamo pagine dedicate alle piccole chiese poco conosciute (come la parrocchia di San Felice, dove il Manzoni si raccoglieva in preghiera, o la cappella di San Carlo al Lazzaretto, di pianta ottagonale e aperta su tutti i lati per consentire agli appestati di seguire la messa), alle statue milanesi (dal leone di San Babila al «cavallo stanco» di Missori), ai capolavori dell'arte e a piccoli gioielli dimenticati, con un occhio particolare ai luoghi dei «Promessi Sposi», agli anni della peste, della guerra, dell'unità d'Italia. Milleuno voci (tra le quali anche ristoranti e locali storici, antiche botteghe, vecchi cinema, teatri e gallerie d'arte) che insieme vanno a formare un'insolita enciclopedia della città, una piccola miniera della memoria ambrosiana dove il linguaggio della parola si mescola a quello dell'immagine caricandolo di suggestioni, aneddoti, curiosità.

Ci si può imbattere in personaggi celebri (un giovanissimo Mozart, in giro per concerti nel lontano 1770), svoltare angoli pittoreschi (il Vicolo dei Lavandai, dove ancora si trovano gli antichi lavatoi usati per sciacquare i panni) o perdersi in eleganti residenze signorili, come il cinquecentesco Palazzo degli Omenoni («pieno in modo di capricciose invenzioni, che non n'è forse un altro simile in tutta Milano», scriveva il Vasari) o come la leggendaria Villa Simonetta, dove una targa ricorda quella strana eco che «ripete in un momento tranquillo per ben 40 volte la voce»...

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