«Giorni felici», Beckett ottimista nonostante tutto

Tendere l'orecchio, e ascoltare Beckett. È questo il consiglio che, dal palcoscenico del Teatro Cinque, Alessandro Del Bianco serve al pubblico con il suo allestimento di Giorni felici, in cartellone ancora oggi. Anzi, per rendere chiaro l’intento, il regista (e interprete, con Irina Galli) della pièce beckettiana pone la scena allo stesso livello dello spettatore, addirittura a nemmeno un metro e mezzo dalla prima fila di poltrone. Forse, il senso è che siamo fuori tempo massimo e che non c’è più tempo per far finta di non sentire.
Tra le più amare opere scritte dal grande drammaturgo irlandese, Giorni felici è un finto dialogo, in realtà un monologo, sulla condanna alla felicità nel vivere. Una donna e un uomo, marito e moglie perfettamente borghesi, si dividono lo spazio, ma ormai non più le emozioni: sommersa da un cumulo di vestiti, risultato di shopping estremo, lei: Winnie; lontano con gli occhi e con la mente, identificabile solo dal fruscio del giornale e da qualche borbottio, lui: Willie. Winnie è felice a prescindere da tutto, Willie è amaro e ricorda solo che «stiamo morendo». Eppure, magie della penna di Beckett, in Giorni felici c’è ironia accanto al dolore, ottimismo accanto alla disperazione. Con la prima e unica opera che ha come protagonisti una coppia di sposi, Beckett intona un lamento funebre su una società dove il diritto alla felicità e l’identificazione di essa con la soddisfazione materiale, si trasformano in condanna.
«Il mio rapporto con Beckett è di lunga data - spiega Alessandro Del Bianco -. Prima come lettore, poi come studente di teatro, infine come attore e regista, da più di venticinque anni riverisco il suo genio. La cosa che più mi tocca di Giorni felici è il racconto di una felicità artificiale. Un’opera che molti considerano pessimista ma che, di contro, dimostra come Beckett non abbia mai smesso di credere nell'uomo. Ma senza rifugiarsi nell'ipocrisia. Non bisogna dimenticare, in ogni caso, che Beckett scriveva dopo una guerra terribile e in un'epoca minacciata dalla sfida atomica». Il male di vivere condiziona, in modo diverso, i due protagonisti. «La donna, di fronte all'inquietudine, emette un lamento più armonioso - spiega con ironia Del Bianco -, diciamo che canta meglio. Nella donna c'è un elemento di sogno più forte che nell'uomo».

Smaccata, per così dire, la valenza contemporanea dell’opera: «Giorni felici è perfetta per la società di oggi - conclude il regista -. L'uomo, ancor più che in passato, cerca disperatamente di fingere di star bene».

Giorni felici
Teatro Cinque
Ancora oggi, ore 21
Per informazioni 02 58114535

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