Il giorno delle scuse al «dittatore» Mino

Dopo il giorno della memoria, il giorno dello scordammuce o passato. O meglio, il giorno delle scuse. C’è chi l’ha già ribattezzato il «Ronzitti day». Il consiglio regionale è ricominciato ieri con una raffica di scuse ufficiali, tutti amici di tutti, ci mancava solo che Claudio Burlando scongiurasse Sandro Biasotti di prendere il suo posto e che Francesco Bruzzone versasse qualche lacrima per aver sparato agli uccellini. Era la condizione per scongiurare le dimissioni di Mino Ronzitti da presidente del consiglio regionale, pardon, dell’assemblea legislativa della Liguria. E per ricominciare il dibattito politico dopo la più grave offesa che la storia della democrazia mondiale ricordi: un consigliere che dà del «dittatore» al presidente del consiglio perché non gli ha concesso un intervento. Ieri mattina il presidente dell’assemblea legislativa, dopo un abbondante quarto d’ora accademico, si è rivolto subito a Luigi Cola, il compagno che lo aveva vilipeso: «Il consigliere Cola ha qualcosa da dire?» E lo sventurato rispose: «Sì, martedì sono stato un po’ eccessivo, ho esagerato signor presidente. Mi scuso con lei e con i colleghi, anche se vorrei chiedere un po’ più di rispetto anche da parte degli altri». E lui, l’uomo che sta lassù, sul più alto scranno della sala, con il volto imperturbabile delle circostanze ufficiali, prende atto compiaciuto delle scuse: «Apprezzo quanto dichiarato dal consigliere Cola e invito tutti i colleghi ad una riflessione affinché non venga mai meno il rispetto dell'Assemblea, delle istituzioni che rappresentiamo e delle persone».
Finito lì? Macché. Luigi Morgillo, capogruppo di Forza Italia, interviene per scusarsi con l’assessore Franco Zunino che aveva bollato come «sostenitore degli ecoterroristi del movimento Rosso Verde». E Marco Nesci (Rifondazione) si scusa per i toni e le esagerazioni. Nicola Abbundo (Udc) si scusa e basta. Mentre ci si interrogava se al barista della «buvette» (sì, perché per non offendere l’assemblea legislativa della Liguria, in via Fieschi c’è anche il transatlantico, la buvette e l’emiciclo come in parlamento) fosse caduto il vasetto del miele nel caffè, o se fosse in atto un’epidemia di buonismo, a imbracciare la doppietta ci pensava Francesco Bruzzone: «Ma piantiamola, quando ero io presidente del consiglio, mi urlavano buffone, cornuto e non ho mai fatto certe scene». E quel pierino, provocatore di Plinio? «Ritengo che in politica lo scontro, anche aspro, purché non trascenda nel torpiloquio, sia il sale della democrazia». Quello che nessuno ricorda è la volta (anzi, le volte, perché le sedute sul punto furono diverse) in cui il consiglio regionale venne occupato dai centri sociali che minacciavano i consiglieri, si rivolgevano a Plinio, allora presidente dell’assemblea, con il titolo più gentile di «fascista».

E Ronzitti, che era vicepresidente del consiglio? Era seduto in mezzo a loro. E non scampanellava se qualcuno imbavagliava con le mutande i microfoni dei consiglieri. Oggi nega persino ai cittadini di applaudire o di alzare un cartello.

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