Fino a ieri, per i tifosi genoani, Walter Alfredo Novellino era qualcosa di più di un «nemico». Era il Nemico. Perchè, oltre a essere l’allenatore della Sampdoria, Novellino rappresentava qualcosa di più. Rappresentava anche l’uomo nero di Ravenna, colui che, insieme a Iachini, aveva strappato alla squadra di Attilio Perotti la serie A, con la sua voglia di giocarsela fino alla fine, di non regalare mai niente a nessuno, di accanirsi oltre la modica quantità di impegno per ottenere un risultato che per il Ravenna non significava nulla e per il Genoa significava la vita.
E quindi, Novellino riusciva in un miracolo alla rovescia. A essere due nemici in un corpo solo. Uno del passato e uno del presente. Per di più, non uno qualunque. Quello che tirava fuori da giocatori dai nomi non altisonanti e dai piedi direttamente proporzionali alla loro fama, risultati straordinari. Novellino, per capirci, è quello che è arrivato a un punto dalla Champions League con Rossini centravanti. E questo, se possibile, faceva rosicare ancor di più i tifosi genoani. Ieri, però, in questo meccanismo di identificazione automatica fra Novellino e il Nemico, qualcosa si è rotto. Il popolo rossoblù ha scoperto che il Nemico è prima di tutto un Uomo. E, mai come questa volta, le maiuscole sono doverose. Soprattutto perchè è di Uomini così che il Grifone avrebbe bisogno per tornare a volare alto e per uscire da questo difficilissimo momento. Uomini che amano il dialogo, non gente che si appassiona solo a soliloqui e monologhi con gli applausi della claque adorante e di un «popolo» che, in molte occasioni, ha smesso di essere tale, nel senso scogliano del termine, per diventare massa acritica.
L’Uomo era in Chiesa a rendere omaggio al Professore. Insieme a Marotta, ad Asmini, a Marino, allo staff che sta facendo grandissima la Sampdoria di Garrone. Ma loro erano semplicemente i nemici, Walter era il Nemico. In piedi, appoggiato a una colonna che lo nascondeva al grosso della folla di Carignano. Presente, presentissimo, provato come pochi altri. Come Claudio Onofri, forse.
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