Il giorno del trionfo di Alfano Segretario per acclamazione Un’ovazione lo elegge numero uno del partito: «Nel 2013 il Cavaliere vincerà» Berlusconi è un perseguitato dalla giustizia ma, con onestà, non tutti lo sono

RomaAngelino Alfano si alza quando l’aria vibra ancora degli applausi sui quali si è librata la sua acclamazione a primo segretario del Pdl, voluta, addirittura pretesa da Silvio Berlusconi. Si alza e parla a braccio: all’inizio commosso, poi sempre più convinto e in alcuni momenti addirittura lirico e potente. Nella mezz’ora (forse qualche minuto in più) del suo discorso c’è tutto: il passato, il presente, il futuro, il suo piccolo pantheon personale, i suoi grazie (ai tre coordinatori «perché se si fossero impuntati forse noi non saremmo qui a dire che il nostro partito ha un segretario politico nazionale» ma anche a Claudio Scajola e Altero Matteoli e a Renato Schifani, presente come «atto di affetto personale»), le sue promesse, le sue certezze, i suoi ricordi. Come quando, nel 1994, ebbe la sua epifania politica: «A 23 anni - racconta - vidi in tv un imprenditore che aveva il sole in tasca, sentii una musica, un jingle e vidi un uomo che mi spinse alla mia prima campagna elettorale». Alfano tira fuori commosso («Non è un atto di debolezza confessare in pubblico l’emozione») un manifesto elettorale che lo ritrae assai più crinito di oggi. «Me lo ha portato stamattina mio papà ed è il “santino” della mia prima campagna elettorale, ero un ragazzo di 23 anni appena laureato a Milano, che era ritornato in Sicilia e voleva impegnarsi per amore di quella terra». Nostalgia? Mica solo: «Non si può neanche lontanamente costruire il futuro senza sapere da dove si è iniziato e quanto sia stata bella la strada».
In quei valori che lo spinsero in politica 17 anni fa il Guardasigilli che lascerà il ministero «non appena il codice antimafia e la semplificazione dei riti saranno approvati», crede ancora «con tutto me stesso». Elenca: «il bipolarismo, la democrazia, la trasparenza, la necessità di riformare lo Stato, il principio fondante della libertà dall’oppressione fiscale». E il riscatto «da solo» del suo Sud, che non deve «venire a Roma con il cappello in mano». E poi c’è la famiglia, sulla quale il neosegretario insiste con grande enfasi, marcando il di qua e il di là delle sue idee. «Da noi ci sono laici e cattolici, uomini coniugati e separati, ma tutti credono che il nucleo essenziale sia la famiglia composta da un uomo e donna. Qui ci sono quelli che in Italia pensano che la persona venga prima dello Stato e ci sono quelli che sono per la libertà di educazione per i figli. Nessuno ha mai messo in dubbio la scuola pubblica, ma papà e mamma hanno la libertà di scegliere il modello educativo per i propri figli». Famiglia vuol dire anche vita: «Siamo laici e cattolici ma tutti noi crediamo che qualcuno possa dare e toglierci la vita, ma quel qualcuno non è il Parlamento». E la sinistra che mette «sempre animali e piante al posto dei valori»? «Appena superano il recinto della Costituzione - ironizza Alfano - e individuano un valore di riferimento si mettono a litigare».
Se guarda avanti il nuovo segretario del Pdl vede rosa. Vede ancora il Cav leader, ancora il Pdl al governo: «Berlusconi rivincerà le elezioni del 2013». Per riuscirci, il partito che da ieri dirige deve «riportare a votarci il popolo dei moderati italiani, che non se n’è andato a sinistra, è lì in attesa che noi diamo loro nuove buone ragioni per votarci». Questo vuol dire, in tempi di crisi, «dare tranquillità e certezza al Paese, farlo sentire in mani sicure, proteggere con tutte le nostre forze il tenore di vita degli italiani e il loro benessere». E poi puntare sui giovani «che quel benessere vogliono conquistarselo, per questo dobbiamo diventare il partito del merito e del talento». E «degli onesti» perché se è vero che Silvio Berlusconi «è stato un perseguitato dalla giustizia (ovazione, ndr) con onestà, visto che è un nuovo inizio, dobbiamo dire che non tutti lo sono». Con la stessa franchezza Alfano ammette che qualcosa - diciamo pure molto - va cambiato all’interno del Pdl: «Non abbiamo bisogno di eredità, di lasciti: abbiamo bisogno dell’entusiasmo, del sorriso, della volontà del presidente». E di nuove norme interne: «Dobbiamo introdurre un meccanismo semplice: servono regole e sanzioni. Non è possibile che se uno non è d’accordo, fa la lista Coca Cola...». Un partito che non si fondi sulle «tessere, per conquistare le quali si spendono milioni di euro» ma «con dosi massicce di partecipazione popolare, a basso costo, quasi gratis, in modo che vinca chi ha la gente dalla sua parte e non i soldi». E un partito unito: «Non c’è più il 70-30» solo «un Pdl al cento per cento».
Alfano tende la mano al centro che attualmente sta fuori dal Pdl per «una grande area che aggreghi moderati italiani alternativi alla sinistra.

Propongo una grande costituente popolare con chi è disponibile a camminare su questa strada e per questo progetto». Senza fretta: «Non attendiamo risposte nel pomeriggio, questo è un processo politico importante e non un telequiz». Lo accendiamo?

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