RomaAngelino Alfano si alza quando laria vibra ancora degli applausi sui quali si è librata la sua acclamazione a primo segretario del Pdl, voluta, addirittura pretesa da Silvio Berlusconi. Si alza e parla a braccio: allinizio commosso, poi sempre più convinto e in alcuni momenti addirittura lirico e potente. Nella mezzora (forse qualche minuto in più) del suo discorso cè tutto: il passato, il presente, il futuro, il suo piccolo pantheon personale, i suoi grazie (ai tre coordinatori «perché se si fossero impuntati forse noi non saremmo qui a dire che il nostro partito ha un segretario politico nazionale» ma anche a Claudio Scajola e Altero Matteoli e a Renato Schifani, presente come «atto di affetto personale»), le sue promesse, le sue certezze, i suoi ricordi. Come quando, nel 1994, ebbe la sua epifania politica: «A 23 anni - racconta - vidi in tv un imprenditore che aveva il sole in tasca, sentii una musica, un jingle e vidi un uomo che mi spinse alla mia prima campagna elettorale». Alfano tira fuori commosso («Non è un atto di debolezza confessare in pubblico lemozione») un manifesto elettorale che lo ritrae assai più crinito di oggi. «Me lo ha portato stamattina mio papà ed è il santino della mia prima campagna elettorale, ero un ragazzo di 23 anni appena laureato a Milano, che era ritornato in Sicilia e voleva impegnarsi per amore di quella terra». Nostalgia? Mica solo: «Non si può neanche lontanamente costruire il futuro senza sapere da dove si è iniziato e quanto sia stata bella la strada».
In quei valori che lo spinsero in politica 17 anni fa il Guardasigilli che lascerà il ministero «non appena il codice antimafia e la semplificazione dei riti saranno approvati», crede ancora «con tutto me stesso». Elenca: «il bipolarismo, la democrazia, la trasparenza, la necessità di riformare lo Stato, il principio fondante della libertà dalloppressione fiscale». E il riscatto «da solo» del suo Sud, che non deve «venire a Roma con il cappello in mano». E poi cè la famiglia, sulla quale il neosegretario insiste con grande enfasi, marcando il di qua e il di là delle sue idee. «Da noi ci sono laici e cattolici, uomini coniugati e separati, ma tutti credono che il nucleo essenziale sia la famiglia composta da un uomo e donna. Qui ci sono quelli che in Italia pensano che la persona venga prima dello Stato e ci sono quelli che sono per la libertà di educazione per i figli. Nessuno ha mai messo in dubbio la scuola pubblica, ma papà e mamma hanno la libertà di scegliere il modello educativo per i propri figli». Famiglia vuol dire anche vita: «Siamo laici e cattolici ma tutti noi crediamo che qualcuno possa dare e toglierci la vita, ma quel qualcuno non è il Parlamento». E la sinistra che mette «sempre animali e piante al posto dei valori»? «Appena superano il recinto della Costituzione - ironizza Alfano - e individuano un valore di riferimento si mettono a litigare».
Se guarda avanti il nuovo segretario del Pdl vede rosa. Vede ancora il Cav leader, ancora il Pdl al governo: «Berlusconi rivincerà le elezioni del 2013». Per riuscirci, il partito che da ieri dirige deve «riportare a votarci il popolo dei moderati italiani, che non se nè andato a sinistra, è lì in attesa che noi diamo loro nuove buone ragioni per votarci». Questo vuol dire, in tempi di crisi, «dare tranquillità e certezza al Paese, farlo sentire in mani sicure, proteggere con tutte le nostre forze il tenore di vita degli italiani e il loro benessere». E poi puntare sui giovani «che quel benessere vogliono conquistarselo, per questo dobbiamo diventare il partito del merito e del talento». E «degli onesti» perché se è vero che Silvio Berlusconi «è stato un perseguitato dalla giustizia (ovazione, ndr) con onestà, visto che è un nuovo inizio, dobbiamo dire che non tutti lo sono». Con la stessa franchezza Alfano ammette che qualcosa - diciamo pure molto - va cambiato allinterno del Pdl: «Non abbiamo bisogno di eredità, di lasciti: abbiamo bisogno dellentusiasmo, del sorriso, della volontà del presidente». E di nuove norme interne: «Dobbiamo introdurre un meccanismo semplice: servono regole e sanzioni. Non è possibile che se uno non è daccordo, fa la lista Coca Cola...». Un partito che non si fondi sulle «tessere, per conquistare le quali si spendono milioni di euro» ma «con dosi massicce di partecipazione popolare, a basso costo, quasi gratis, in modo che vinca chi ha la gente dalla sua parte e non i soldi». E un partito unito: «Non cè più il 70-30» solo «un Pdl al cento per cento».
Alfano tende la mano al centro che attualmente sta fuori dal Pdl per «una grande area che aggreghi moderati italiani alternativi alla sinistra.
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