Giovane va al poligono e si spara in testa

L’ultimo morto al Poligono della Cagnola era stato, all’alba del 7 febbraio 1946, il capitano della Rsi Giovanni Folchi, giustiziato per collaborazionismo. Fino a ieri mattina. Quando, nel grande poligono di piazzale Accursio, echeggia un colpo di pistola che si perde nelle raffiche di colpi tirati verso i bersagli: e che invece chiude nel modo più tragico la vita di un uomo. Di un ragazzo: un ragazzo di ventidue anni, che ieri mattina si presenta, deposita il documento e la tessera d’iscrizione, preleva la calibro 22, va al suo posto di tiro, spara qualche colpo in direzione della sagoma umana. Poi si gira la pistola verso il mento e fa partire l’ultimo colpo.
É morto così. Aveva dei dispiaceri d’amore, e se li covava dentro da tempo. Qualche mese fa si era iscritto al Poligono, e solo lui sa se - dentro quella pensata - c’era già in nuce la conclusione tragica della sua storia di ragazzo innamorato: come se l’iscrizione al tiro a segno fosse fin d’allora la strada, del tutto originale, con cui aveva risolto il problema, semplice e terribile, di tutti gli aspiranti suicidi. Trovare il come, il dove, l’arma.


Quando il colpo lo ha freddato, per qualche istante hanno pensato a un incidente, ad un colpo partito per sbaglio. Poi, nelle tasche, gli hanno trovato un biglietto che diceva: «Se leggerete queste righe vuol dire che sono morto». E chiedeva scusa a tutti.

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