Giovani, ricchi e «fatti» di coca Un libro accusa la Milano bene

Le interviste di Bianchini cominciate un anno fa

«L’idea mi è venuta dopo il noto episodio di Lapo Elkann. A Torino tutti lo attaccavano. Ho pensato di scrivere un romanzo su come i ragazzi dell'alta società possano diventare consumatori di coca e farsi fino a star male senza rendersene conto». Così Luca Bianchini, 30 anni e due romanzi, ha iniziato la sua personale inchiesta nella Milano-bene circa un anno fa e ne ha ricavato Se domani farà bel tempo (Mondadori, pagg. 299, euro 16) in cui racconta la storia di Leonardo Sala Dugnani «bello, ricco, dannato e drogato».
Mai argomento di romanzo fu più tempestivo...
«Meno male che l'idea mi è venuta un anno fa. Ora, dopo Vallettopoli, nessuno sarebbe disposto a parlare con un supposto romanziere che va in giro a fare domande sui consumi di coca».
L'impresa rimane comunque complicata. Come ha fatto a convincere i ragazzi bene a fidarsi di lei?
«Non è stato facile. Ho iniziato a Torino, nella mia città. Non con gli Agnelli, certo, ma con le "seconde file" dei rampolli torinesi. Ma nessuno voleva parlare con me. Primo, perché i veri ricchi non danno confidenza...»
E allora ha pensato di trasferirsi a Milano. Come si muoveva?
«Conoscenze: pierre, amici di amici. Tutto con l'assoluta garanzia dell'anonimato. Nessuno di quelli che contattavo sapeva con chi avevo parlato prima. Spesso nemmeno io ho voluto sapere il nome degli interlocutori».
E dopo averli intervistati?
«Li ho frequentati, per mesi. Cercavo di farmi invitare alle loro feste di compleanno, di frequentare gli stessi bar, ristoranti, negozi, locali, palestre. Di ascoltarli per ore, anche di nascosto. E annotavo tutto»
Qual è stata la prima cosa che ha scoperto?
«Che ci sono due categorie: la tipologia "primogenito", che segue le orme del padre o persegue una specie di destino familiare. Il John degli Agnelli o l'impeccabile principe William. E poi il modello "secondogenito", o ultimo nato. Lo scavezzacollo, insomma, proprio il tipo che cercavo io».
Perché nei loro destini c'è differenza?
«Partono tutti dalle migliori scuole svizzere. Ma o sei del tipo “John” e amministri le aziende di famiglia oppure sei allo sbaraglio e spesso sei costretto a travestire la tua umanità da arroganza».
Leonardo Sala Dugnani, per gli amici Leon, il protagonista del suo romanzo, appartiene al tipo "secondogenito". Perché questo nome?
«Così sulle camicie il ricamo è LSD»
Che tipo è Leon?
«Ha 27 anni, laurea e master alla Bocconi, ma non lavora. Si sveglia tardi e sopravvive nella sua gabbia dorata in compagnia di fumetti, da Spiderman a Dylan Dog, tivù e puttane».
In quali negozi si veste?
«Abiti classici per far contenti i genitori da Davide Cenci, marche Church, Burberry. Compra le camicie solo da Caraceni».
Dove vive?
«Abita in via Borgonuovo, in pieno centro storico. Ma naturalmente ha più di una casa di famiglia. Sia in città che fuori, sia in Italia che all'estero».
Palestra?
«Al Downtown a tirare due pugni. Oppure allo Skorpion a nuotare nella piscina sul tetto».
Aperitivo?
«Al Frank, in via Vittorio Veneto. Al Bar Bianco, al Parco Sempione. Al Martini Bar, nella boutique di Dolce e Gabbana».
Cena?
«Dipende dalla ragazza che si portano dietro. Leon divide le ragazze in tre tipologie: le “Essere”, che conquisti con i complimenti, si portano a cena all'Amour in via Solferino. Le “Avere”, a cui regali il Cartier e che porti da Nobu. E poi le ragazze “Alla pari”, che sono del loro stesso livello sociale e si portano da Buddakan, il fusion asiatico di New York, oppure, se sono “fintocomuniste” che rifiutano lo shopping in via Spiga ma poi volano in first class, si va a prendere cappuccino e sidro a venti euro al Kapuziner Platz, la birreria bavarese di viale Montenero».
Ma in media quanto spende?
«Il budget mensile è di 6/7000 euro. Per un capodanno a Saint Moritz si va sui 3000 franchi. Per le vacanza, esclusa casa e barca, solo tavoli, discoteca e intrattenimento, siamo a 36.000 euro per due settimane».
E questo giovane tipico della Milano superbene è un consumatore abituale di cocaina.
«Tira di coca spesso, fin dall'età postadolescenziale, consuma quasi sempre da solo».
Niente festini, riti collettivi…?
«Può capitare. Ma la sua serata ideale la chiama in gergo “sciampo, jacuzzi e barella”. Cioè champagne, jacuzzi e cocaina. Da solo. Dicono “Ho fatto serata” e si tratta di un venerdì sera con una bottiglia di alcol, un grammo di cocaina e un film porno».
La coca si chiama barella?
«Barella si usa anche per dire "imbarellato", che è quando sei sotto l'effetto della cocaina, o "sbarellato", quando esageri o collassi. La cocaina si chiama anche Antonella o pizza. Per dire: Ci facciamo una pizza?»
E dove si compra?
«I ragazzi bene, come Leon hanno il loro pusher abituale, l'unico di cui si fida veramente. Ma se sono presi male o se il pusher è irreperibile, comprano anche a porta Venezia, dai “neri”, anche se la coca dei neri gli fa venire mal di testa il giorno dopo".


Ma quanta ne usano?
«Chi la usa ne usa tanta. Magari non tutti i giorni, ma tanta. Poi di giorno quando li vedi non penseresti mai che sono loro. Immagina il tipico “ragazzo kinder” della porta accanto: perfetto, a modo, buona educazione e ottima erre moscia».

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