«Giovanna D’Arco» Lavia esalta il Verdi giovanile

Grandi momenti anche nel «Corsaro» in scena a Busseto

«Verdi tra noi», dice una delle manifestazioni quotidiane a Parma, in questi giorni, ed è davvero così: in un fervore allegro e in una riflessione pensosa la città e chi vi accorre partecipano con Verdi alla costruzione d'una civiltà consapevole e felice. Ci sono 4 opere per 25 recite complessive, incontri, mostre, iniziative per i bambini, e immagini di Verdi dappertutto. La vecchia tradizione pittoresca di sapore loggionistico e gaudente confluisce in dissolvenza incrociata nella nuova passione che unisce cultura e curiosità.
Apertura folgorante con la Giovanna d'Arco: opera giovanile, discontinua, ingenua, a tratti sbalorditiva, dove la Pulzella d'Orleans finisce per non morire sul rogo e correre in battaglia, e dove un padre di oppressione fanatica la accusa davanti a tutti d’avere peccato d'amore carnale col Re.
Per quello che sentiamo e che vediamo, ci aveva solo fatto un pensierino, e se non fosse per la vocazione alla verginità programmatica e alla sorte di condottiera redentrice della Francia, tutt’altro che illegittimo, perché i due erano innamorati con pienezza invidiabile e propositi sani. Dobbiamo ringraziare il regista Gabriele Lavia, che, oltre ad averci dato uno spettacolo di gesti netti, di luci e colori abbaglianti o sommessi come un segreto, nelle scene di Camera da epopea popolare e con i costumi di Viotti capaci di sbozzare un’epoca come di creare ritratti, ci ha comunicato nei gesti dei due sospettati l'attrazione carnale e il malore da passione. E dobbiamo ringraziare il direttore Bartoletti che, oltre ad avere calibrato la partitura rivelando spessori ed estri inaspettati, ha trovato per Carlo il Re e Giovanna un tenerezza, un’idealità, un languore visionario e ispirato: che sia vero che solo dopo gli ottant'anni si capisca fino in fondo il mistero infinito della giovinezza?
I due erano Evan Bowers, che in una parte pazzesca per ardimento e tenuta tenorile è riuscito a dar morbidezza e credibilità al suo personaggio d'uomo debole e passionale, e Svetla Vassileva, che ha rischiato nella sua altrettanto proibitiva fino in fondo, dandoci una Giovanna ragazza di campagna e predestinata storica da Dio nuova e pur naturale: grande attrice e soprano in grado da ipnotizzarci con parole cantate con suono e verità indimenticabili.
Se si pensa che il padre crudele era Renato Bruson, con la sua voce piena così magistralmente gestita, che Maurizio Lo Piccolo sbrigava la parte di Talbot con dignità grande, e che il coro degli spiriti angelici e di quelli diabolici era affidato alla preparazione perentoria del maestro Faggiani, si capisce come Verdi ne sia uscito acclamato vincitore.
Poi Verdi si è idealmente presentato a Busseto, dove hanno dato il suo Corsaro. Qui grazie a Byron siamo nel romanticismo più acceso: dei quattro grossi personaggi, si salva la riluttante favorita del pascià, gli altri tre muoiono, uno pugnalato da lei, un'altra avvelenata da se stessa ed il protagonista che si butta nel mare. Grandi momenti di teatro musicale, e piglio presalgariano, in uno spettacolo di Lamberto Puggelli che funziona.

Sono affidati ad interpreti di grande dedizione e bellissima eloquenza, Salvatore Cordella corsaro, Silvia dalla Bennetta sua amante ed assassina, Luca Salsi il Pascià. Dirige Carlo Montanaro che risolve tutti i problemi delle proporzioni acustiche e offre il respiro giusto della musica giudiziosamente e appassionatamente.

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