da Milano
Sono spariti. I due nomadi scarcerati a tempo record dal gip di Verona, almeno per ora sono introvabili. «Sono liberi cittadini, quindi io non mi metto certo a cercarli», taglia corto il procuratore di Verona Guido Papalia. I due, secondo la Procura, facevano parte di un’associazione a delinquere che spingeva i bambini a rubare. Ma il gip della città veneta ha smontato l’inchiesta: non ha convalidato i quattro fermi motivati dalle forze dell’ordine con il pericolo di fuga e solo per due ha disposto i successivi arresti riconoscendo il rischio di nuovi furti. Un colpo durissimo per l’indagine e l’occasione di polemiche durissime nei palazzi della politica. Com’è possibile che recuperino così in fretta la libertà persone coinvolte in un procedimento limaccioso come il fango, protagoniste di episodi che non si sa come catalogare? Le intercettazioni ci consegnano uno spaccato sconvolgente di criminalità e sfruttamento dei minori: «Quando ti prendo ti ammazzo a colpi di testa. Vengo dietro e ti uccido», minacciavano gli adulti, spietati. E ancora: «Se non mi porti i soldi quando torni qui ti faccio stuprare dai marocchini». Uno scenario spaventoso, anche se, naturalmente le responsabilità sono personali e mai di gruppo.
I conti del buonsenso, per ora, non tornano: otto persone, tutte croate, bloccate; sei ancora in cella, in diverse città, e una coppia fuori. I loro nomi: Miso Sulic e Vesna Dordevic. Marito e moglie. Ma dove sono finiti? È stato l’avvocato Luciano Bason a lanciare l’allarme: «Non so dove siano». A distanza di 24 ore, il legale prova a circoscrivere il caso: «Credo abbiano dei parenti nel Padovano, penso siano da quelle parti».
«Non so che dire - mastica amaro Papalia - io so che nei prossimi giorni farò appello al Tribunale del riesame per la misura cautelare e andrò in Cassazione per una questione di principio: la convalida del fermo, che il gip ha negato, per il pericolo di fuga».
Clima arroventato, sullo sfondo dell’emergenza rom. A rendere, se possibile, più incandescente la situazione, l’altalena dei poveri ragazzi sfruttati: sei bambini sono stati tolti ai genitori, ma uno di questi, un maschietto di sei mesi, è stato restituito, proprio alla coppia Sulic Dordevic. Vesna Dordevic, oltretutto, ha riacquistato la libertà con 24 ore di ritardo. Per lei, infatti, il percorso è stato complicato da un altro ostacolo: una condanna a 11 mesi del Tribunale di Firenze. Insomma, caduto un provvedimento, i giudici le hanno sventolato l’altro, ma nel giro di un giorno si sono arresi: pure quello era virtuale perché coperto dall’indulto.
Gira e rigira siamo dalle parti di quel gioco dell’oca giudiziario denunciato infinite volte da esperti e autorità: la pena non è certa e l’opinione pubblica è sconcertata dall’andirivieni dei detenuti. Con gli ingressi che assomigliano alle porte girevoli dei grandi alberghi. Esagerazioni? «Sono entrata in una casa - raccontava smarrita una bambina, senza sapere di essere ascoltata - e c’era un pitbull. Mi ha buttata a terra, mi ha salvato un vecchio»; e poi, piangendo: «Era un cane grosso, coi denti grandi». Come il lupo cattivo delle nostre favole.
«L’indagine è ancora in corso, la polizia continua a svolgere le sue attività», rassicura Papalia che si prepara ad una lunga battaglia per difendere il lavoro investigativo. «Guardi che le due persone scarcerate avevano responsabilità assai sfumate, le loro posizioni risultano marginali», ribatte Bason. Marito e moglie, per ora, stanno acquattati da qualche parte.
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