Le giravolte di Veltroni intorno a Di Pietro

Tonino conquista una incandescente piazza Navona facendo proprio lo slogan della società civile: «Come diceva il mio procuratore capo: Resistere, resistere, resistere. Aiutateci a fermare il regime che è alle porte». Walter invece dichiara: «L’Italia non è un regime, c’è ancora democrazia». Ancora. Insomma, anche ieri Antonio Di Pietro e Walter Veltroni si sono inseguiti in tondo, da un capo all’altro dell’Italia, da Comiso a Roma, come nel format di un inedito reality, «il derby delle due opposizioni».
Ovvero, l’incredibile duello di due leader che ogni giorno devono ingegnarsi per trovare il modo di dire la stessa cosa, ma in modo diverso. Così, se Di Pietro dice che c’è il regime Veltroni si deve differenziare e dire che non c’è, ma poi siccome Di Pietro lo ha detto e teme lo scavalcamento, allora il giorno dopo anche Veltroni deve dire che c’è. Qualcuno resterà stupito, ma anche a chi scrive, sembra che l’unico vincitore possibile di questa guerra asimmetrica sia Di Pietro. Per almeno tre motivi: il primo è che almeno non cambia linea ogni giorno. Il secondo, è che a chi lo ascolta dà l’impressione di credere terribilmente a quel che dice. Il terzo: non c’è contraddizione fra quel che dice oggi e quel che diceva ieri. Invece Veltroni, dalla campagna elettorale in poi ha già affermato: che era necessario un dialogo fra maggioranza e opposizione 1); che non avrebbe mai insultato il suo avversario 2); Berlusconi segue «il modello Putin» e c’è una «rischio di autoritarismo» 3); malgrado il putinismo e la deriva autoritaria, «c’è ancora democrazia» 4).
Certo, ieri bastava gettare un’occhio alla piazza dell’Italia dei valori per capire lo stato d’animo del Pd. Con Di Pietro, oggi, c’è chi solo un anno fa era ancora nello zoccolo duro della Quercia. Giovani, insegnanti, media borghesia, intellettuali dello spettacolo. E Di Pietro, in un comizio finale barricadiero, fatto tutto a braccio - microfono in mano, al fianco i volontari della manifestazione, Dario Fo e Franca Rame, i cantautori Andrea Rivera e Simone Cristicchi - con la sua proverbiale furbizia, ha tallonato per tutto il tempo il leader del Pd. In primo luogo attaccandolo sul suo tallone d’Achille, il referendum sul Lodo Alfano. Se c’è davvero un deficit democrazia - ragionava di Pietro - perché mai il Pd dice di condividere questo timore, ma non firma? Qui l’ex Pm si abbandonava a numeri di grande istrionismo: «È un po’ strano l’atteggiamento di questi amici che ci dicono: “Sono d’accordo con voi, ma tanto si perde...”». Pausa, ululato spaccacasse in perfetto dipietrese: «Ma coòòòòme!!! È come se ci fossero due naufraghi in mezzo al mare... sono in vista della riva... e... e uno dice: “Inutile muoversi, tanto non ci arriviamo”». Altra pausa, poi una imprecazione strappa una risata alla piazza: «E prima nuota Cristo! Poi ti metti a discutere!».

E quindi, il «naufrago Veltroni», ieri si trovava stretto a tenaglia: da un lato la resurrezione dell’«opposizione sociale» con il successo di Rifondazione, dall’altro la marcatura di questo Di Pietro: martellante, carismatico, abilissimo nel portare dalla sua chi fino a ieri credeva nei Ds, uno che fa aprire la sua manifestazione a Stefano Ferrante, il leader del Cdr del Tg de La7 (in lotta contro i licenziamenti). Tonino è dove c’è la protesta. Veltroni la subisce.
Luca Telese

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