Giro Menchov ci ha messo un sampietrino sopra

Caro diario, alle volte bastano un sampietrino e due gocce di pioggia. La diabolica combinazione offre allo spettabile pubblico molte più emozioni di quante il patron Zomegnan, il Mago Zom che con abile gioco di prestigio ha cancellato dall'Italia tutte le montagne più leggendarie, sia riuscito ad inventarsi in tre settimane di Giro. È come una scossa elettrica: a poche centinaia di metri dal traguardo finale, con la maglia rosa sempre più sua, Denis Menchov slitta sul selciato leggermente bagnato e vola a pelle di leopardo.
In quel preciso momento, dopo 3.500 chilometri e venti giorni di fatiche, il russo realizza nel modo più brutale quanto strana e bizzarra sia la vita. Più che altro, quanto sia labile il confine tra le beatitudini della fortuna e le torture della sfortuna. Lui è sicuramente sfortunatissimo, perché cadere in rettilineo a pochi metri dal trionfo è qualcosa di epocale.

Ma c'è anche un altro modo di leggere il destino: cadere a quel modo, sul filo dei sessanta all'ora, potrebbe comportare conseguenze pesanti, che so, una frattura del femore o una clavicola frantumata. A Menchov non succede nulla. Con molta calma, ha tutto il tempo di (...)

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