Il giro del mondo di Kataklò milanesità in formato danza

Milanesi da esportazione, e milanesi di successo. Ecco perché la compagnia «Kataklò», dopo tre anni in giro per il mondo a raccontare la loro visione suggestiva e cinetica di teatro e musica, torna in città con il più soddisfatto dei sorrisi: quell’idea di «athletic dance theater» coltivata tredici anni fa è decisamente fiorita, e oggi «Kataklò» è sinonimo di spettacolarità in ogni angolo del pianeta.
Tanto che «Play», l’ultimo show in cartellone al Teatro Nuovo dal 5 al 10 maggio (ore 20.45, ingresso 40-30 euro, info: 02-794026/76000086, www.teatronuovo.it) è il risultato di una prestigiosa «commissione recapitata alla compagnia dal ministero dello Sport cinese, in occasione dei Giochi Olimpici tenuti a Pechino lo scorso anno. Un inno attraverso danza, ritmo, musica e immaginazione al mondo dello sport, come spiega la «madre» di «Kataklò» nonché coreografa Giulia Staccioli, ex allieva di Moses Pendleton, autrice di «Play» insieme con la collaboratrice Jessica Gandini: «Per noi - spiega la fondatrice di Kataklò - questa è stata una sorta di consacrazione: tutti sanno che i cinesi sono tradizionalmente fortissimi nell’acrobazia. Li abbiamo conquistati con la nostra idea di teatro: un mix di racconto scenico, danza e acrobazia». «Play» è infatti un racconto in venti quadri: otto perfomer (tutti tra i 23 e i 30 anni di età) danno volto e plasticità alle più svariate discipline sportive, dopo un introduzione in cui viene rappresentato un angolo di stadio con tanto di spalti e pubblico in attesa. Il senso è quello di un’alchimia di passi di danza, equilibrismi e, soluzione mai casuale nelle creazioni di «Kataklò», una buona dose di comicità e ironia: «Per noi l’auto-ironia è sempre stata fondamentale - spiega Giulia Staccioli -. D’altronde, il titolo Play è multi-uso: quella parola, che in inglese ha tanti e differenti signicifaci, come gioco, giovare, divertimento, azione, suonare, spiega alla perfezione e in modo del tutto convincente il senso dello spettacolo».
Le musiche dello show sono tutte del compositore «new age» Ajad, italiano ribattezzatosi così dopo, spiega lui stesso, «un viaggio spirituale compiuto in India parecchi anni fa. Ho cercato di realizzare musiche che avessero una perfetta empatia con i quadri scenici, e a mio avviso la perfetta empatia è quando la colonna sonora non la si nota. Strumenti classici ed etnici si aggiungono ai ritmi naturali, come quello di una goccia d’acqua o di una palla da tennis che rimbalza. Conosco “Kataklò” dal 2006, da quando ci siamo incontrati per i Giochi Olimpici Invernali di Torino, per i quali avevo composto le musiche della cerimonia inaugurale. Ma da anni, ormai, ero loro convinto estimatore». L’alternanza dei quadri ha un intento onirico, spiega la Staccioli: «Un breve momento di buio tra una scena e l’altra intende dare la sensazione di un aprire e chiudere gli occhi, di chi non sa se sta vivendo o sognando. In quel breve lasso di tempo, la realtà cambia improvvisamente». «Kataklò» non si ferma certo con «Play»: la compagnia sta realizzando in Milano audizioni per il nuovo spettacolo, intitolato «Love Machines»: «Debutterà al Fringe Festival di Edimburgo, in Scozia, il prossimo agosto - rivela Giulia Staccioli -. Cosa chiediamo ai nostri perfomer? Otto ore al giorno di applicazione, estrema determinazione, voglia di sperimentare tra danza, acrobazia e recitazione, lavoro sulla concentrazione come lo shaolin e il tai chi.

Tra i migliori insegnamenti che ho ricevuto da Moses Pendleton c’è quello di lavorare e produrre in stretta collaborazione con i danzatori: a loro si chiede quindi anche di creare, provando incessantemente sul repertorio».

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