Girone: «Mi trasformo in Don Chisciotte a fianco di Lucio Dalla»

L’attore, perfido notaio di «Questa è la mia terra», è interprete di un lungometraggio tratto da Cervantes dopo aver girato in Francia un film in costume

Cinzia Romani

da Roma

Caro Remo Girone, dopo aver interpretato, da par suo, il perfido notaio nella fortunata fiction tv Questa è la mia terra, quali impegni ha?
«Diretto dal regista Jacques Rivette ho appena girato un film in costume: Ne touchez pas à l’ache (Non toccate l’ascia), ispirato a un racconto di Balzac, La duchessa di Langeais.
Allora, aspettiamoci colpi di scena e maschere, conventi di clausura e marchi di fuoco...
«È il bello di Balzac! Recito la parte del prete confessore, che trasgredendo le severe regole delle carmelitane scalze, aiuta un generale (Guillaume Depardieu, il figlio di Gérard) nella delicata impresa di entrare nel convento femminile, diretto da un’inflessibile superiora (mia moglie Victoria Zinny), dove si cela l’amata, fattasi suora».
Un feuilleton esplosivo. Com’è stato lavorare con Rivette, 78 anni, famoso autore della nouvelle-vague?
«È un vero signore, molto gentile. L’unico regista di mia conoscenza, che invece di dire “ciak!“, dice: “S’il vous plait“... E poi, è rimasto bambino: quanto si è divertito, tra assalti in costume borbonico, sull’orlo delle scogliere alle isole Tremiti. Sotto, sotto, però, Rivette è rimasto quello di sempre».
Ovvero?
«Sotto l’apparente freddezza del suo sguardo distaccato, si cela una violenza, anche erotica, molto forte. C’è una scena in cui il generale si porta via il cadavere della suora-amante, (la stupenda Jeanne Balibar), marchiato a fuoco. Scena bella e grandiosa. Direi gotica».
Lei ha un profilo da attore molto articolato, quasi intellettuale. Ama i film tratti da opere letterarie?
«Moltissimo. Tanto che ho accettato d’interpretare la parte di Don Chisciotte in uno strano film d’avanguardia, in cui recito con Lucio Dalla».
Un film con Lucio Dalla?
«Pochi giorni fa abbiamo girato a Sant’Agata dei Goti, nel Beneventano. Al regista di Don Chisciotte, il pittore Mimmo Paladino che esordisce con quest’opera molto concettuale, alla maniera della Transavanguardia da cui proviene, serviva uno sfondo montagnoso. E Lucio, qui nel ruolo di Sancho Panza, è salito su un mulo, travestito da Saggio. Bisognava vederci, io col camauro, a fare la Morte come nel Settimo sigillo di Bergman e Lucio aggrappato al mulo... Sembravamo pronti per la fiera del paese».
Che cos’è il camauro?
«È un mantellone, che copre la testa e parte del collo».
Com’è nata l’idea di un Don Chisciotte cinematografico? Ce ne fu uno, diretto da Pabst, nel 1933, mi pare, che si ispirava al romanzo spagnolo di Miguel de Cervantes Saavedra...
«Negli ultimi anni ho frequentato molto i pittori, meno narcisi di noi attori, gente più libera, gente che lavora con le mani. Avevo nostalgia del periodo in cui, a Roma, il teatro era a stretto contatto con le arti figurative. In tante gallerie, ricordo, negli anni Settanta si mettevano in scena performance e commedie... Paladino, inoltre, pensava di fare un film da tanto tempo e quando gli hanno commissionato d’illustrare Don Chisciotte per l’editoria, gli è venuta voglia di farne anche un film. La Film Commission campana ha messo i soldi, grazie al produttore Angelo Curti»..
Chi altro recita con lei e con Lucio Dalla?
«C’è Peppe Servillo, il fratello di Toni, cantante degli Avion Travel. Poi Enzo Cucchi, il pittore, e Bergonzoni, nei panni di un mago. E Ginevra Paladino, la figlia del regista. A livello visivo sarà parecchio visionario. Abbiamo girato anche delle scene al Madre, il Museo napoletano d’arte moderna che metteva in mostra una quarantina di cavalli. Vivi. Perché Paladino userà anche cavalli finti, sue sculture, insomma».
Le musiche del film sono firmate da Dalla?
«In parte sì. Credo darà il suo contributo anche Lou Reed, amico di Paladino, la cui galleria romana ha ospitato una mostra di fotografie del rocker».
La figura dell’hidalgo ingegnoso, quel Don Chisciotte protagonista del romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra, è attuale, secondo lei? Dove trovare, oggi, un sognatore che va contro i mulini a vento?
«Di gente piena di chimere ce n’è ancora molta. Magari sarà più realista... I miei mulini a vento, per la verità, saranno pale eoliche. Nel copione del film, poi, alquanto libero, nel senso che non esiste una sceneggiatura di ferro, c’è un po’ di Borges e un pizzico di Joyce. Contiamo di mandare il Don Chisciotte al Festival di Venezia».
Lavorare con sua moglie, Victoria Zinny, è appagante, come ai tempi di Persona non grata, il bel film di Zanussi che vi ha visto protagonisti?
«È sempre una sfida. Che si rinnoverà, ancora con Zanussi. Il quale ci ha riuniti nel suo prossimo film, Un delitto senza motivo, da lui anche sceneggiato. È così raro, nel nostro ambiente effimero, che s’instauri un rapporto di stima e di amicizia tra attore e regista. Per cui, sono veramente felice. Stavolta si tratta d’una drammatica storia d’invidia, qui motore di un delitto, in apparenza, senza movente. Gireremo a Catania e Victoria sarà la madre sensitiva di una giovane donna, interpretata da Valeria Golino, che vive felice con il marito, in un palazzo.

Di fronte al quale li spia un cecchino, Alberto Loverso, pronto a sparare ai due sconosciuti. Si tratta della lotta tra il Bene e il Male. Io sarò l’anatomopatologo, incaricato di riconoscere i cadaveri... Sarà un film bellissimo».

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