Il giudice conferma: «Questi atti non si trovano»

LA SCUSA Il presidente del tribunale Pomodoro: «Quei faldoni sono privi di indice. Non li chieda più»

L’ennesimo sollecito al presidente del Tribunale di Milano porta la data 18 febbraio 2010. L’avvocato Gianfranco Lenzini, difensore dei piccoli azionisti dell’Ambrosiano, scrive al giudice Livia Pomodoro «per essere autorizzato a chiedere copia d’atti e documenti dell’archivio penale del tribunale, dovendo procedere con urgenza a promuovere cause civili per le posizioni di Pazienza, Tassan Din, Ciarrapico e Mennini». Il 22 febbraio arriva la replica tranchant del presidente Livia Pomodoro. «Rispondo alle sue richieste rilevando innanzitutto che in nessuna, delle pur numerose e insistenti richieste avanzate, è mai stata allegata la prova del concreto e giuridicamente rilevante interesse all’ottenimento delle copie di atti giudiziari». Per il presidente Pomodoro è un problema di forma, e di sostanza. Non basta fare una richiesta con la semplice «evocazione della difesa di piccoli azionisti» dei quali «non si indicano neppure i nominativi» (che sono centinaia). E comunque, pur volendo superare questo rilievo, il presidente Pomodoro fa presente che «la sua richiesta dei “fogli da 81 a 153 (quelli del rapporto Seychelles, ndr) della cartella 2 volume C/10“ non è dato sapere da dove lei abbia tratto quelle indicazioni. Sta di fatto che il responsabile dell’archivio ha riferito che gli atti del processo dell’Ambrosiano sono contenuti in complessivi 360 faldoni che nei diversi gradi di giudizio all’atto della trasmissione in archivio assumono denominazioni sempre nuove e diverse». Ergo, fra gli atti del processo Ambrosiano «non è individuabile quanto da lei richiesto perché, come riferisce il responsabile dell’archivio, i faldoni sono privi di indice e in condizioni di custodia precarie». Ciò detto, chiosa la Pomodoro, «mi auguro di aver chiarito in modo completo e definitivo tutte le ragioni ostative all’accoglimento della sua richiesta, nella quale voglio augurarmi non vorrà ulteriormente insistere». Il consiglio a lasciar perdere precipita nel vuoto. Il 5 marzo l’avvocato Lenzini spiega alla Pomodoro che non ha alcuna intenzione di soprassedere. «Innanzitutto - scrive - non ho difficoltà a fornire la prova delle legittimazione processuale (e sostanziale dei piccoli azionisti) del sottoscritto per avere personalmente partecipato al processo di primo grado (3^ sezione, presidente Poppi) al processo d’appello (2^ sezione penale corte di appello di Milano) al processo stralcio del cosiddetto «Conto Protezione» in primo e secondo grado, in Cassazione e nei successivi processi di rinvio davanti alla 3^ e 4^ Sezione Penale della corte d’appello di Milano). Le invio inoltre anche alcune foto del sottoscritto in aula, durante i processi, pubblicate sui giornali (...)». Lenzini rimarca di aver promosso numerose azioni giudiziali, «che non sono ancora esaurite», nella «qualità di procuratore speciale delle parti civili». Quanto al tempo che incide fortemente sulle condizioni dei faldoni in un archivio sotterraneo del tribunale, Lenzini fa presente quanto «questo tempo incida sugli animi delle vittime (mai abbastanza risarcite) dei crac finanziari».

E ancora: «Mi fa meraviglia che un archivio che resta per un determinato numero di anni al servizio dei cittadini, e in particolare degli avvocati, nel quale sono custoditi i faldoni di un processo importante come l’Ambrosiano, non sia accessibile per il semplice fatto che improvvisamente “i fascicoli processuali assumono denominazioni e ripartizioni sempre nuove e diverse” (...). Ricordo a me stesso che la legge 7.8.1990 n°241 prevede il diritto di accesso agli atti amministrativi (...) che non mi sembra contempli le ragioni da lei evidenziate».

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