Giuliani: «Buona parte dei nostri fondi flessibili o bilanciati»

Quasi 10 miliardi di euro usciti dal sistema fondi nel 2006; altrettanti usciti nei primi due mesi del 2007. Sembra che gli italiani abbiano improvvisamente deciso di abbandonare in massa lo strumento di investimento più semplice, trasparente ed efficace. Le spiegazioni di questo fenomeno, che non ha paragoni negli altri Paesi evoluti, sono molte. Una delle più convincenti è che la gran parte dei 600 miliardi confluiti nei fondi è investita in portafogli obbligazionari. Una tipologia di titoli - le obbligazioni - che ha dato molte delusioni negli anni più recenti prima perché i rendimenti erano bassissimi. Poi, quando i rendimenti hanno cominciato a crescere, perché hanno sofferto perdite in conto capitale. Perdite che risultano evidenti nella pubblicazione dei valori quota di un fondo, mentre non vengono percepite se il titolo obbligazionario è acquistato direttamente e mantenuto fino alla scadenza. Chi ha sottoscritto un fondo obbligazionario e ne vede scendere il valore, difficilmente se ne fa una ragione in quanto, di solito, è convinto che le obbligazioni siano un investimento privo di rischio.
«Il problema - commenta Pietro Giuliani, presidente del gruppo Azimut - è che i fondi sono stati proposti male. Non è realistico che tutti i risparmiatori abbiano, per tutto il loro denaro, un orizzonte di investimento breve e non possano investire in azioni. I nostri circa 140mila clienti sono un campione abbastanza rappresentativo del risparmiatore medio. Ebbene: il portafoglio fondi di Azimut è per circa il 50% investito in azioni. E buona parte dei nostri fondi sono flessibili o bilanciati: portafogli, cioè, facilmente modificabili dal gestore in relazione all’andamento del mercato».
Proprio questo tipo di portafoglio, nel tempo, ha sempre dato un risultato medio soddisfacente. Certamente superiore a quello che un investitore «fai da te» riesce a realizzare senza assistenza. Sarà per questo che Azimut, come altri gestori specializzati e indipendenti, non ha conosciuto deflussi e continua a collocare fondi a una clientela che cresce, mese dopo mese. «L’altra leggenda da sfatare - continua Giuliani - è che l’uscita dai fondi e l’afflusso di denaro su strumenti strutturati (basta vedere i dati del Sedex, il mercato borsistico dei derivati, per capire quel che sta accadendo) sia un fenomeno spontaneo. La realtà è che i risparmiatori vengono orientati verso certificati e obbligazioni strutturate dai loro referenti in banca o dai loro promotori finanziari.

Si tratta di strumenti poco trasparenti, assolutamente non confrontabili, che vincolano il denaro del cliente per anni. Chi investe in questi strumenti, difficili da conoscere e da capire, non lo fa certo di sua iniziativa».

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