Fedora Franzè
Alla fine della seconda guerra mondiale il clima culturale romano si riaccende. La città è luogo principe del potere politico, centro nevralgico della cultura che risorge (assieme a Milano) e del mercato, i quali dalla politica sono influenzati parecchio. Qui si riavvia lattività della Galleria nazionale darte moderna, dellArt club di Prampolini, associazione culturale internazionale; fa i primi passi quel realismo socialista che progressivamente diverrà linea guida egemone del Partito comunista e di coloro che vi orbitano attorno. Nel 1947 nasce Forma 1, movimento darte astratta di vocazione internazionale che intende promuovere lincontro tra impegno sociale dellartista e «forma pura» ( «ci interessa la forma del limone e non il limone»), fondato da Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato. È un momento importante per larte romana, gravido di novità diversamente recepite dai membri del gruppo; approfondite con coerenza assoluta e spontanea da Giulio Turcato, inserito e appartato al contempo nel panorama dei movimenti che affianca con passo irregolare, come nel caso del Gruppo degli Otto di Venturi (1952). Oggi, nei nuovi spazi di Emmeotto, in via Margutta, sono in mostra opere realizzate dallartista tra il 1948 e i primi anni Sessanta, inedite o da tempo non esposte al pubblico. Fondata da sempre sul colore, la pittura di Turcato si esprime attraverso la figuratività reinventata di chi ha rinunciato subito allobiettivo della rappresentazione della realtà; attraverso la disinvolta padronanza di un segno libero, netto o reiterato, piano o modulato in profondità, in cui si avvertono echi futuristi, cubisti, surrealisti. Ma lacuto captare non è stato mai altro che stimolo fertile; pochi come Turcato hanno goduto di una autonomia ferrea saldamente piantata sulla medesima premessa. Daltronde, come spiega il curatore della mostra, Fabrizio DAmico, «il suo colore ricambiò la delega immensa che gli veniva fatta: e non fu mai uguale, mai prevedibile, mai secondo ad altre, più rigorose e preventivabili, ragioni di forma». Lesposizione è ricca: dalle Composizioni alle Rovine di Varsavia, nature morte di dimensioni metropolitane, armonie di ocra e neri in cui la prevalenza degli elementi verticali, neri scheletri di edifici, restituisce il senso di abbandono di una città ridotta a un cumulo di macerie; allinedito Giardino di Miciurin, al picassiano Massacro al napalm, alla Composizione del 1952, poetica ed esplicita come un discorso diretto; a conclusione una serie di opere dipinte tra 1955 e il 1960 introducono alla mostra delle sale della Galleria Ricerca darte, incentrata sul ventennio 1960-1980, quando Turcato si produce in unastrazione più costante, per quanto poco canonica, di sapore lunare, spaesato e calligrafico.
«Giulio Turcato. La libertà oltre la regola». Fino al 10 febbraio, Emmeotto, via Margutta 8. Tel.
Giulio Turcato: una voce fuori dal coro
Due spazi espositivi ripropongono le opere di alcune delle fasi più importanti del celebre artista che ha fatto dellastrazione un mezzo molto personale di espressione
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