Poche righe per bloccare una piccola rivoluzione. «Violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge». Con questa motivazione il Consiglio di Stato ha bocciato il tentativo del presidente del tribunale di Milano Livia Pomodoro di fare ordine nel sistema. Ovvero, il trasferimento dei processi civili e penali dalle sedi distaccate di Rho-Pero, Cassano dAdda e Legnano a quella centrale del capoluogo lombardo, con conseguente risparmio di tempi e costi, e con beneficio per gli utenti del palazzaccio.
Esultano le amministrazioni e gli avvocati del Sud-Est milanese, che contro i provvedimenti della Pomodoro avevano presentato nelle scorse settimane un primo ricorso al Tar della Lombardia. E il tribunale amministrativo aveva dato loro ragione. Il motivo? «La legge attribuisce al ministero della Giustizia il potere di disporre listituzione, la soppressione e la modifica della circoscrizione delle sedi distaccate del tribunale ordinario», e al presidente del Tribunale quello di «modulare tra le sede principale e le sezioni distaccate quantità e tipologie di contenzioso da trattare». Insomma, Livia Pomodoro può disporre «la trattazione nella sede principale» di cause in corso nelle sedi distaccate, ma solo in base a «un presupposto di eccezionalità».
Contro la decisione del Tar, il ministero della Giustizia e la presidenza del tribunale di Milano hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato. Il 14 febbraio, la quarta sezione ha pronunciato la sentenza che chiude in via (quasi) definitiva la vicenda. Richiamando il regio decreto del 30 gennaio 1941, il Consiglio di Stato ricorda che «nelle sezioni distaccate sono trattati gli affari civili e penali sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, quando il luogo in ragione del quale è determinata la competenza per territorio rientra nella circoscrizione delle sezioni medesime». Vero, sempre quel decreto concede che «in considerazione di particolari esigenze, il presidente del tribunale può disporre che una o più udienze relative ai procedimenti di una sezione distaccata siano tenute nella sede principale», ma la nuova sentenza stabilisce che «il potere organizzativo del dirigente dellUfficio giudiziario non può essere impiegato, quali che siano le legittime esigenze sottostanti, per realizzare un più o meno generalizzato trasferimento di competenze dalle sezioni distaccate alla sede centrale».
Un successo per gli enti locali e gli avvocati che in quei comuni lavorano - a cui una sede del tribunale fa comodo - meno per chi con la giustizia è costretto ad avere a che fare. «Trasferendo le cause nella sede centrale - spiega il presidente Pomodoro al Giornale - avremmo reso un buon servizio ai cittadini, che avrebbero potuto verificare la loro situazione senza aspettare tempi lunghi determinati da una situazione fatiscente della giustizia. Oltre ovviamente a un considerevole risparmio per lo Stato». Ma il paradosso è proprio questo. Che è lo Stato, ora, a dire che è giusto spendere di più per tenere in piedi uffici ritenuti marginali.
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