Giustizia Riforma al bivio fra legittimo impedimento o mini-lodo

La grande riforma della giustizia non è ancora all’orizzonte, ma in questo clima ad orologeria Berlusconi e la sua squadra di giuristi lavorano a tutte le ipotesi possibili. Il «processo breve» ha preso la strada del Senato e lì ci sarà battaglia dura. Non lo vuole l’opposizione, non piace a Fini, non convince Napolitano, che potrebbe rispedirlo al mittente. Ci sarà bisogno di «pontieri» e «diplomatici». L’altra strada parte da Montecitorio, dove Fini dirige traffico. È qui che il premier si gioca un’altra carta, quella meno problematica del «legittimo impedimento». La ratio è che Berlusconi non può allo stesso tempo difendersi dalle accuse e governare. I disegni di legge sono diversi e verranno presentati, e poi sintetizzati, compensati, organizzati, in commissione. Si comincia mercoledì. C’è la proposta Biancofiore-Bertolini che limita l’impedimento agli impegni istituzionali, c’è quella di Enrico Costa che comprende tutta l’attività politica e poi c’è l’Udc. È l’idea di Casini: un mini-lodo, da approvarsi con legge ordinaria, che blocca i procedimenti a carico del presidente del consiglio per tutta la durata del mandato. L’opzione Casini sa di mediazione possibile.

Ecco cosa dice Lanfranco Tenaglia, ex Guardasigilli ombra del Pd: «La maggioranza non lasci cadere a cuor leggero la proposta di Casini. Il legittimo impedimento è un istituto che serve ad equilibrare l'esigenza di svolgimento di funzioni politiche con l'esigenza del processo. Questo è un buon punto di partenza». Capito?

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