Giustizia da rottamare Ogni giorno rinviati 7 processi penali su 10

Ricerca choc dell’Eurispes svela il caos nei tribunali: metà dei procedimenti slitta per errori nella convocazione dei testimoni

da Milano
A prima vista, si potrebbe pensare ad un rapporto sulla giustizia sudamericana. Invece, i dati, semplicemente disastrosi, fotografano fin nei dettagli la traballante Italia dei tribunali. Bastano due numeri due per dare un’idea della situazione: ogni giorno nel nostro Paese vengono rinviati 7 processi penali su 10; il 40 per cento dei testimoni citati dal pm non si presenta in aula, certo per mille ragioni, ma alla fine con un danno d’immagine per l’istituzione incalcolabile: chi è chiamato in udienza fa di tutto per non andarci. In compenso i riti alternativi, quelli che nelle intenzioni del legislatore avrebbero dovuto snellire l’ansimante macchina, non funzionano e sono scelti dal 10 per cento scarso degli imputati. Tutti gli altri intasano i dibattimenti canonici. Altro che abbreviato o patteggiamento, di solito rapidi, meglio tirare in lungo con un occhio al calendario e magari alla prescrizione che tutto cancella. Questo ci dice la ricerca condotta dall’Eurispes insieme all’Unione delle camere penali; un monitoraggio senza precedenti perché condotto su un campione assai robusto: 13mila processi e 27 sedi giudiziarie.
Dunque, i dibattimenti sono gare ad ostacoli. Sette su dieci slittano, solo il trenta per cento passa quotidianamente sotto lo striscione della sentenza E gli altri? Naturalmente, c’è rinvio e rinvio. Ci sono ragioni fisiologiche, ma poi c’è la malattia del sistema. In sintesi, il 47,4 per cento dei procedimenti parte e si ferma subito, nella fase preliminare, prima ancora che si proceda alla richiesta di ammissione delle prove. Questi ritardi, in sostanza, ci possono stare. Almeno in parte, perché ci sono le esigenze difensive, i ritmi, che contemplano anche le pause, imposte dal rito. Ma poi, se analizziamo la fase dell’istruttoria dibattimentale, ci troviamo davanti ad un muro altissimo costruito con i mattoni dell’ottusità. Qui lo stop, inaccettabile, ha a che fare nel 54 per cento dei casi con la più terra terra delle ragioni: «Perché l’atto, in verità assai banale, della citazione del testimone o è stato del tutto omesso o è stato effettuato in modo errato o, pur se effettuato regolarmente, non è stato ottemperato dal destinatario». Il 39,2 per cento dei testi convocati dal Pm non si fa vedere: «Scandaloso», spiega senza giri di parole Giandomenico Caiazza, presidente della Camera penale di Roma. Siamo alla lotteria e non importa se l’estrazione avvenga davanti al giudice monocratico o al collegio. Cambia poco. E in entrambi i casi si fa un bel salto sul calendario: 139 giorni per tornare davanti al giudice, 117 per rivedere il collegio. Qualche volta sono invece i magistrati a bucare l’appuntamento, con una punta incommentabile del 29,1 per cento al Sud.
Questa è la giustizia italiana. Ma, se si procede, le udienze sono fin troppo veloci: 18 minuti se c’è un solo imputato, 30 da due in su. Numeri che mostrano una giustizia sbrigativa, anche se non si può generalizzare. Certo, in questa gimkana i processi uno in coda all’altro come aerei sulle piste di rullaggio saturano i palazzi di giustizia. Il legislatore aveva previsto i riti alternativi immaginando che molti imputati, quelli in difficoltà, avrebbero rinunciato al contraddittorio in aula e all’arringa del Perry Mason di turno.
Invece no. Scelgono il patteggiamento 4 imputati su 100, l’abbreviato 5 su cento.

Novanta su 100 se la giocano fra un’udienza e un rinvio. È vero che le sentenze, quando finalmente arrivano, sono per il 60 per cento di condanna, ma 15 processi su 100 finiscono con l’estinzione del reato. La metà delle volte per prescrizione.

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