Gli è bastata una settimana per conquistare il titolo di giustiziere del campionato: prima il gol che ha cancellato lo scudetto dallorizzonte del Milan, poi la doppietta allOlimpico con cui ha ributtato la Roma alle spalle dellInter. Già che cera, Giampaolo Pazzini ha approfittato delloccasione per superare nella scala dei valori di Lippi, due concorrenti pericolosi nella corsa alla convocazione azzurra per il Sudafrica, Marco Borriello e Luca Toni. Che il centravanti della Sampdoria stia vivendo la miglior stagione della carriera lo dimostrano i 17 gol (2 rigori) messi a segno sinora, tanti quanti ne ha realizzati laltro aspirante alla Nazionale, Fabrizio Miccoli (5 rigori). E tra 15 giorni è in programma, in Palermo-Samp, un confronto diretto tutto da vedere.
A favore di Pazzini, però, giocano letà, 26 anni, contro i 31 del rosanero, e le caratteristiche di attaccante darea, coraggioso, con innato senso del gol, e fisicamente dotato (180 centimetri per 75 chili). Qualità che lhanno accompagnato fin dai primi calci, quando, allenato dal babbo Romano e incoraggiato dal fratello maggiore Patrizio (entrambi calciatori con trascorsi in serie C), segnava gol a grappoli tra i pulcini di Montecatini. Si racconta che in una partita il piccolo Giampaolo, 10 anni tutto pepe, seppellì la squadra avversaria con 9 reti. Leco di quellimpresa arrivò allattento orecchio di Antonio Bongiorni, lo scopritore di talenti che da oltre un ventennio, a Margine Coperta, scova e alleva ragazzi di belle speranze per lAtalanta: non ci volle molto per convincere il tecnico che quel ragazzino smilzo e di poche parole col sorriso stampato sul volto, ma che in campo diventava feroce e si lanciava nelle mischie senza paura, aveva tutte le doti per diventare qualcuno. Un paio di stagioni a Margine, giusto per ultimare la scuola dellobbligo, quindi il trasferimento a Bergamo. «La nostra prima preoccupazione - racconta Mino Favini, 75 anni, ancora validamente sulla breccia, mitico responsabile del vivaio dellAtalanta - è che i ragazzi non soffrano la lontananza da casa e proseguano negli studi. Se le due condizioni funzionano, diventa più semplice il lavoro. Devo dire che Bongiorni opera benissimo anche sotto questo aspetto e i vari Rossini, Guarente, Pagano, Marconi, Bonaventura e il povero, indimenticato Chico Pisani, morto nel 97 in un incidente dauto (a lui è intitolata la «Nord» dello stadio di Bergamo), tra i tanti che ci ha portato, lo testimoniano. Pazzini si ambientò subito e seguì passo passo gli insegnamenti di Eugenio Perico, il suo allenatore. Migliorò sotto il profilo atletico, in particolare nellelevazione anche da fermo, e imparò a giocare fuori dallarea, sia dal punto di vista tattico sia tecnico. Sempre attento, scrupoloso, educato e disciplinato pur nella naturale esuberanza delletà. Bravo anche a scuola: ogni anno promosso fino alla maturità, raggiunta insieme al gemello Riccardo Montolivo, uno geometra, laltro ragioniere».
Nelle giovanili nerazzurre, tanti gol (con lesordio in B nel 2003) e tante presenze in tutte le rappresentative giovanili azzurre, in coppia con Montolivo e insieme ai compagni di squadra Padoin, Canini, Capelli, Bianchi, Defendi, Motta, Guarente e il portiere Bressan, oggi al Sassuolo, suo primo tifoso che si rivolgeva ad amiche ed amici con un serissimo «vi presento Giampaolo, detto Pazzo, futuro centravanti della Nazionale».
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