Politica

Giusto, i magistrati intervengono dove manca la legge

Non dite che la magistratura occupa gli spazi della politica: dite che la politica lascia dolosamente scoperti gli spazi di cui la magistratura non può infine non occuparsi, dite che l’ormai fisiologico ritardo culturale del nostro Parlamento non fa che produrre contrapposizioni ideologiche che attizzano magari il nostro prezioso dibattere sui giornali, come no, sta di fatto che il famoso Paese reale intanto deve cavarsela da solo, deve lasciare al grigio degli ospedali la scandalosa clandestinità dove il decesso di centinaia di migliaia di pazienti (centinaia di migliaia di pazienti) è accompagnato da un intervento segreto e non dichiarato dei medici. Non potete lamentarvi, se anziché il Senato che rimanda una legge alla Camera è ormai la Cassazione che rimanda in Appello le decisioni tralasciate dalla politica.
Ci vuole una legge, punto e basta. Ci vuole una legge come c’è nel resto del mondo, ci vuole una legge non che sostituisca l’umano discernimento e la sensibilità dei medici e dei familiari, ma che dia basi solide proprio all’umano discernimento e alla sensibilità dei medici e dei familiari. Nel caso di Eluana Englaro, in coma da 15 anni nonostante il padre ne chieda da altrettanti la sospensione dell'alimentazione artificiale, la Cassazione ha stabilito che questa sospensione può aversi in due casi: 1) che sia accertato che la paziente non avrebbe voluto passar la vita (la morte) attaccata a un sondino di plastica; 2) che sia provata come irreversibile la sua condizione di stato vegetativo. Detto questo, la mancanza di leggi non fa che rendere impossibile l’accertamento di queste due cose. Circa il primo punto, infatti, per appurare la volontà del malato servirebbe che avesse sottoscritto un testamento biologico: ossia una dichiarazione dei trattamenti sanitari che vorrebbe o non vorrebbe che gli fossero applicati nel giorno in cui non fosse più in grado di deciderlo da sé. Ma il testamento biologico in Italia non c’è, se ne straparla da anni e basta, lo si confonde strumentalmente con l’eutanasia che è un’altra cosa, è il dare la morte a una persona malata e lucida che espressamente la chieda. Circa il secondo punto, ossia la possibilità che sia provata come irreversibile la condizione di stato vegetativo del paziente, toh guarda, manca una legge anche qui: in Italia esistono dei parametri per l'accertamento della morte cerebrale (degli esperti fanno delle verifiche prima di autorizzare l'eventuale espianto di organi) ma non esistono protocolli per quanto invece riguarda lo stato vegetativo irreversibile. E siccome una commissione che stabilisca parametri e protocolli non la si vuol fare, può sempre saltar fuori chicchessia che ovviamente ti premette d’esser contrario all’accanimento terapeutico (ufficialmente lo sono tutti) dopodiché dice che fermi, non potete staccare la spina, non è un caso di accanimento terapeutico, del resto in Guatemala una donna si risvegliò dopo un coma di 42 anni. Ma a questo servirebbe una legge, un protocollo, una commissione: a dare ai medici e ai familiari dei criteri che definiscano, nella misura dell’umano, quando di stato vegetativo irreversibile si possa parlare. Ma non si fa. Non si fa niente. Come stiano realmente le cose non interessa: la Commissione affari sociali, nel tardo dicembre scorso, ha persino respinto la semplice proposta d'istituire un'indagine conoscitiva sulle morti segretamente e pietosamente accelerate dai medici.
Un'indagine del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica di Milano (fonte non propriamente laicista) ha appurato che il 3,6 per cento dei medici ha praticato l'eutanasia, e il 42 per cento di essi la sospensione delle cure, tipo staccare un respiratore. Una rivista autorevole come Lancet, sempre di recente, ha sostenuto che in Italia il 23 per cento dei decessi è stato preceduto da una decisione medica, e che il 79,4 per cento dei medici è disposto ad interrompere il sostentamento vitale. Ma non interessa. Una nuova legge non serve, dicono.

Si fa, non si dice, non si deve sapere.
Filippo Facci

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