Gordi, l'ultimo viaggio ha un volto grottesco

Maschere in cartapesta e suoni di campane. Così la Compagnia racconta la "finitudine"

Gordi, l'ultimo viaggio ha un volto grottesco
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Si può ridere della morte e del tabù che essa rappresenta? Può il riso essere una risposta a situazioni imbarazzanti che hanno a che fare col suicidio, con la depressione? In verità non esiste un tema più complesso di quello della morte dovuto, anche al dolore che procura, oltre che alla beffa per la sua inevitabilità. Insomma, può, la risata, essere una risposta alla perdita di una persona cara? La risposta ce la dà la Compagnia del Gordi, al Teatro Franco Parenti da oggi al 29 giugno, con "Sulla morte senza esagerare", spettacolo ideato e diretto da Riccardo Pippa, con Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti e Matteo Vitanza; scene, maschere e costumi di Ilaria Ariemme.

Il tema, trattato con ironia e leggerezza, è quello della finitudine, un concetto che implica la consapevolezza del limite, della fragilità della vita, della possibilità di cercarne un senso. I Gordi non ricorrono al semplice umorismo nero, bensì a una satira tagliente che ha a che fare col grottesco, ben rappresentato dalle maschere di cartapesta, utilizzando un ritmo ben scandito dagli interventi musicali, in particolare, dal suono delle campane a sera che segnano il momento del trapasso, ma che ci permettono di riconoscerne la natura ciclica. Eppure, i nostri comportamenti si mostrano mutevoli dinanzi alla inevitabilità della morte, tanto che ci sono coloro che la negano o che cercano di sconfiggerla, mentre ci sono coloro che la invocano, evitando, con cura, gli imprevisti. Si nota molta irriverenza nei suoi confronti che può essere attenuata, soltanto, da una equilibrata ironia, il solo strumento che possa ridimensionare la tragicità della morte, perché ci consente di avere coscienza del nostro limite. A dire il vero, sul palcoscenico, la morte è di casa, ogni tragedia e ogni dramma ognuno li vede e rappresenta a suo modo. Per i Gordi, però, quando li si porta in scena, non bisogna esagerare. Riccardo Pippa ha lavorato su un palcoscenico quasi vuoto, con una chiara allusione al vuoto che lascia la morte, per lui è sufficiente una panchina e un tracciato che indica la soglia, tra un aldiquà e un'aldilà, a chi si presenta dinanzi a "lei" per il congedo definitivo, dopo avere raccontato le proprie storie, con atti senza parole, come avrebbe detto Beckett. In questo spazio vediamo arrivare un donna che gira con la mascherina e l'ossigeno, nel frattempo, la raggiunge chi ha deciso si impiccarsi, avvolto in un lunghissimo cordone. Ogni arrivo è contrassegnato dal suono delle campane e da accenni di musica sacra, chi ha deciso di impiccarsi, però, si mostra non del tutto convinto, tanto che lo vediamo, più volte, entrare ed uscire.

Con l'arrivo di un Rider, la musica si fa sempre più pulp, mentre i movimenti mimici, di chi impersona la morte, tendono sempre più alla comicità, specie quando si presentano due donnette, ingobbite, molto incerte, con una che si addormenta proprio sulle ginocchia della morte che, a quel punto, le toglie la maschera, come per darle l'ultimo saluto. Seguirà l'arrivo della prostituta con pelliccia e capelli rossi che si sdraia, moribonda, sulla panchina, seguita da un specie di Angelo che sterilizza il luogo, mentre la musica si fa più allegra ed accenna una bossa nova brasiliana, con "Aguas de Marco" resa celebre, nel mondo, da Elis Regina. Vedremo ancora una donna incinta che consegna la maschera e che si avvia nell'aldilà.

Si ride durante lo spettacolo, che non lo si può apparentare né alla Commedia dell'arte, né al Teatro di Figura, ma semplicemente al Teatro dei Gordi che si sono ispirati alla poesia omonima della Szymborska: "Non c'è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale. La morte è sempre in ritardo di quell'attimo".

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