Non spariscono ma si riducono. Un articolo del ddl sul Codice delle Autonomie è dedicato anche alla razionalizzazione delle Province (nella foto lo stemma della nuova provincia di Monza e Brianza), enti locali fino a oggi mai molto amati, spesso additati come carrozzoni e, ultimamente, indiziati di soppressione. Il disegno di legge di Calderoli, come detto, non lavora di mannaia né cancella i confini provinciali dalle mappe geografiche, ma ha un approccio piuttosto soft alla questione. Viene infatti prevista una delega al governo per la «razionalizzazione» e la «riduzione del numero delle circoscrizioni provinciali», compito che lesecutivo dovrà terminare entro due anni dallentrata in vigore della legge. A rischio, a conti fatti, sarebbe una provincia italiana su cinque. Ma quali delle 107 attuali amministrazioni (con oltre quattromiladuecento amministratori, tra giunte e consiglieri, e più di cento milioni di euro di soldi pubblici spesi ogni anno per questi bacini di poltrone) rischia di più? Il criterio citato dal disegno di legge per depennarle è triplice: «entità della popolazione di riferimento», «estensione del territorio provinciale» e «rapporto tra popolazione ed estensione del territorio». Ma popolazione ed estensione devono anche essere tali «da consentire lottimale esercizio delle funzioni previste per il livello di governo di area vasta», ricorda il ddl.
Così, nel mirino sembrerebbero essere finite le 17 Province con meno di 200mila abitanti (curiosamente equamente divise tra centrodestra e centrosinistra): Biella, Vercelli, Verbano Cusio Ossola, Sondrio, Crotone, Vibo Valentia, Fermo, Enna, Oristano, Nuoro, Olbia Tempio, Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra, Gorizia, Rieti e Isernia. Se questo fosse il criterio di scelta, alla fine ben sei degli enti a rischio, il cui elenco è composto da molte delle province di recente costituzione, sarebbero in Sardegna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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