Il governo che decide piace anche a sinistra

Mi telefona un'amica che sei settimane fa aveva votato, convinta, per Veltroni: «Se Berlusconi riuscirà a resistere alle pressioni e risolvere la crisi della “monnezza”, mi convertirò al Popolo delle libertà». Parlo con un collega di sicura fede di sinistra, ma consapevole che la crisi energetica rischia di mandare l'Italia a fondo: «Se davvero questo governo spezzerà il tabù del nucleare, ignorerà i signornò e comincerà a costruire anche una sola nuova centrale entro la fine della legislatura, la prossima volta avrà anche il mio voto». Rincara la dose il mio meccanico, addirittura ex elettore di Bertinotti, che fino a ieri non perdeva occasione per lamentarsi che con l'aumento delle rate dei mutui rischiava di perdere la casa: «Finalmente un governo che si è fatto carico di un problema reale di noi operai». Completa il quadro un signore che incontro spesso passeggiando il cane e che mesi fa era stato vittima di un furto in casa: «Per la verità ancora non ci credo, perché si fa presto a dire sicurezza, ma se Berlusconi ce la facesse a risolvere finalmente questo problema degli stranieri che vengono qui per delinquere meriterebbe di governare, età permettendo, per altri dieci anni».
Bastano queste battute per spiegare perché, secondo il sondaggio di Renato Mannheimer pubblicato ieri dal Corriere della Sera, a poco più di un mese dalle elezioni un quarto degli elettori del Partito democratico (e in particolare i più giovani) approvano l'azione di governo e sembrano pronti a cambiare campo. E bastano anche a illustrare, meglio di tanti talk show e seminari, che cosa vogliono oggi gli italiani dai loro governanti: decisionismo, decisionismo e ancora decisionismo. Non tutti i provvedimenti annunciati a raffica dal governo nella sua prima settimana di vita suscitano eguali consensi - per esempio, sul reato di immigrazione clandestina, sia pure non retroattivo, ci sono molte riserve - ma il solo fatto di avere rotto il litigioso immobilismo dell'esecutivo precedente ha fatto cambiare idea ai tanti che, ricordando la non esaltante esperienza del Berlusconi II e III, temevano un déjà vu. In pochi giorni il Berlusconi IV, cambiando marcia rispetto al passato, ha non solo soddisfatto le aspettative individuali di molti cittadini, ma creato anche un clima nuovo, in cui la gente torna a sperare che il Paese possa uscire dal tunnel in cui si era cacciato. Come ha detto la nuova presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, ma come crede anche la stragrande maggioranza degli italiani che lavorano e che si sentivano umiliati dal progressivo deterioramento del sistema, ora si può ripartire.
Gli scettici opinano che si tratta del solito effetto «luna di miele», di cui tutti i nuovi governi beneficiano nei primi tre mesi, ma che si dissolve rapidamente se aspettative importanti non vengono soddisfatte. Costoro citano il caso di Sarkozy, salutato al suo avvento come il salvatore della patria, ma che in un anno ha visto precipitare i suoi consensi non solo per le sue vicende private, ma anche per la lentezza (e i compromessi) con cui vengono introdotte le riforme promesse. È un pericolo che corre anche Berlusconi, perché una volta esauriti i provvedimenti di immediata applicazione, come l'abolizione dell'Ici sulla prima casa, dovrà misurarsi con le lentezze del nostro apparato legislativo (per fortuna Fini gli ha già dato una mano, proponendo che i parlamentari lavorino un giorno in più alla settimana), con le resistenze della burocrazia e delle corporazioni e magari anche con la piazza. Tuttavia, il sostegno di un’opinione pubblica ansiosa di voltare pagina, l'atteggiamento abbastanza morbido del grosso dell'opposizione - attenta a mettere le vele al vento - e l'ormai percettibile insofferenza verso la politica dei rinvii potrebbe aiutarlo più di quanto non si pensi.

Il presidente del Consiglio, conscio che da quanto riuscirà a fare nel primo anno di governo dipenderà il suo posto nella storia, cercherà senz'altro di non farsi sfuggire quella che appare come una occasione irripetibile.

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