La cronaca finanziaria di ieri ci riporta a novembre dell’anno scorso. Le banche italiane sono crollate e i rendimenti dei Buoni di Stato sono schizzati. Il differenziale (spread) dei tassi tra i nostri titoli e quelli considerati sicuri come i tedeschi è dunque schizzato. Lo «spread» ha sfiorato quota 450 sulle obbligazioni a dieci anni. Forse ha ragione Montale, che non era esattamente un economista: «L’unica nostra speranza è l’imprevisto ». E cioè che i governi europei la smettano di fare sciocchezze. Che i greci non giochino alla roulette russa. E, si parva licet, che i politici italiani la smettano di fare propaganda. Lo abbiamo scritto centinaia di volte: non era colpa di Silvio Berlusconi lo spread a quota 500. Non è oggi colpa di Monti l’impennata dei rendimenti. Sia il primo sia il secondo possono aver fatto micidiali errori di politica economica (e i lettori del Giornale sanno bene quante critiche continuiamo a muovere alle politiche fiscali dei professori che deprimono la crescita), ma le tensioni europee nascono dalla costruzione mal fatta dell’euro. Ogni varco è buono per attaccare la moneta unica. Sapete per quale banale motivo gli investitori pretendono il 5 per cento dai Btp italiani? Non tanto per il rischio di perdere il gruzzolo investito. Quanto per l’ipotesi di vederselo restituire in una moneta diversa dall’euro ( la lira, la dracma, i dobloni o chiamatela come preferite)che abbia un potere d’acquisto inferiore a quello garantito oggi dall’euro. Per questo gli investitori del debito pubblico europeo ( Germania esclusa) sono ormai diventatiautarchici: ognunosicompra e si tiene i titoli del Paese in cui vive e che oggi artificialmente ha una moneta unica, ma che domani potrà essere diversa. Banca centrale europea ed Europa devono a questo punto, come dicono ormai i banchieri, fare «all in» o come sostengono a Francoforte usare il «bazooka».Gettare sul tavolo tutte le risorse di cui dispongono. Corriamo un pericolo micidiale. Che non riguarda la piccola economia greca. Il suo prodotto interno lordo è inferiore a quello della Lombardia ed è la metà del Nord Reno-Vestfalia dove si è votato ieri. Ma la sua possibile uscita dall’euro avrebbe un effetto contagio sui mercati. Sia chiaro: se non fosse mai entrata nell’euro, oggi non ci sarebbero grandi problemi. Il suo fallimento, data la sua dimensione economica, varrebbe meno di quello argentino. Il punto è che nell’euro è voluta entrare ed oggi il suo problema è anche il nostro. Uscire da una moneta unica è già avvenuto altre volte nella storia economica: Inghilterra e Irlanda fino al 1979 avevano la stessa moneta, così come Belgio e Lussemburgo fino al 1990. La Cecoslovacchia si è divisa e l’unione austroungarica si ruppe nel 1919, così come la zona del rublo sovietico si frantumò nel 1992-1993. Eppure l’uscita di scena della piccola Grecia rischia di fare molti più danni rispetto a questi precedenti. Scrive bene Claudio Borghi (all’interno) che le conseguenze della nostra pessima costruzione monetaria e del possibile fallimento della Grecia, le stiamo già pagando, siano «già prezzate» nei titoli di Stato. Ciò nondimeno resta il dubbio di come l’Unione europea possa affrontare un rischio grosso ( la rottura dell’euro nel fianco sud) quando non è riuscita a curare quello piccolo. Basti pensare al probabile film nel caso la Grecia molli la moneta unica. Per qualche giorno verranno chiuse le banche elleniche e ovviamente posti controlli sui movimenti di capitale: si assisterà alla sfilata dei risparmiatori agli sportelli. Di tutte le banche, non di una sola come è avvenuto nel Regno Unito per il caso Northern Rock. E come pensate che reagiranno i risparmiatori spagnoli? E quelli portoghesi? Penseranno forse di essere immuni? E quelli italiani? Certo, se mai la Grecia dovesse suicidarsi, si dovrà far di tutto per cercare di arginare il panico. Si dovranno convincere i risparmiatori europei che quello è un caso unico. Ma la speculazione (come racconta bene il 1992 con l’uscita della lira e della sterlina dal serpente monetario) getterà benzina sul fuoco. La situazione in cui ci troviamo genera l’effetto palla di neve.
Con relativamente pochi miliardi di euro, l’Europa avrebbe potuto arginare il default greco. Oggi ci troviamo nella spiacevole condizione di dover affrontare la disordinata rottura di un’economia continentale. Al professor Monti non resta che adoperarsi affinché l’Europa faccia «all in».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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