Giancarlo Giorgetti non ha scelto scorciatoie né ripari tattici. Ieri si è presentato in Aula sin dal mattino, è tornato a Palazzo Madama nel pomeriggio e ha seguito fino in fondo la discussione sulla manovra, rivendicando davanti ogni passaggio politico ed economico. Una presenza non rituale, ma deliberata. «Sono soddisfatto. Il sentiero è tortuoso ma l'importante è arrivare all'obiettivo. Non c'è un'altra strada», ha confidato durante una pausa dei lavori. È l'immagine che più di ogni altra restituisce il senso di una manovra nata sotto la pressione dei parametri europei.
Il messaggio del ministro è diretto soprattutto a chi - come il leader M5s Giuseppe Conte - ha accusato il governo di austerità senza misurarsi con la realtà dei conti. «La nostra prudenza non è affatto stagnante e della nostra prudenza beneficeranno i governi del futuro, anche i vostri», ha detto replicando alle opposizioni, spiegando che «è finita un'epoca» e che oggi l'Italia è chiamata a costruire «fiducia e credibilità», anche attraverso «il contenimento dello spread». Non un esercizio ideologico, ma una scelta necessaria per un Paese con l'attuale livello di debito. «Questa politica di austerità io la traduco con il termine prudenza», ha insistito, rivendicando che «grazie a ciò l'Italia si presenta a testa alta in Europa e nel mondo».
La faccia l'ha messa, in commissione e in Aula, chiedendo implicitamente ai critici di fare lo stesso: meno slogan e più coperture. Le opposizioni continuano a battere su salario minimo e sanità come se la spesa pubblica fosse un pozzo senza fondo. Eppure, ha ricordato il ministro, sulla sanità «c'è uno stanziamento, un aumento di risorse di sei miliardi mai visto nei tempi recenti», con lo Stato che ha iniziato a farsi carico anche di costi non propri, come il payback. «Non l'ho inventato io», ha sottolineato.
La linea della manovra è stata illustrata punto per punto. «Abbiamo concentrato tutti gli sforzi sui lavoratori dipendenti», ha spiegato Giorgetti, ricordando che l'intervento si è esteso progressivamente fino ai redditi da 50mila euro perché erano «quelli vessati, che pagavano tutte le tasse», in particolare «i lavoratori dipendenti con famiglia e figli a carico», che hanno recuperato il fiscal drag. Una scelta rivendicata anche sul piano fiscale. «La flat tax al 5% sugli aumenti contrattuali dei lavoratori dipendenti più poveri come la chiamate? Credo sia una politica economica di visione», ha rimarcato.
Non meno netta la difesa della previdenza complementare. «La riforma che coraggiosamente abbiamo affrontato è un tema ineludibile, un passaggio che resterà nella storia», ha detto il ministro, perché «senza il secondo pilastro le pensioni del lontano futuro non saranno in grado di garantire assegni dignitosi». Una scelta di lungo periodo, «soprattutto per i giovani», che Giorgetti ha rivendicato senza esitazioni e riferendosi anche alle polemiche sul tema causate dal suo stesso partito, la Lega. Non c'è passaggio del bilancio che non si sia intestato. Persino la tassa sui pacchi extra-Ue.
«Bisogna ragionare seriamente su misure di contrasto alla concorrenza sleale o in cinque anni la manifattura in Europa non sopravvivrà. Non sono baggianate», ha replicato a un senatore pentastellato.In serata dalla manovra sono saltate alcune norme, come la stretta sui lavoratori sottopagati e l'allentamento delle cosiddette «porte girevoli» nella Pa.