Intoppi sul decreto lavoro. E la sinistra monta un caso

Pareggio in commissione per l’assenza di due senatori di Fi. Tajani: «Nessuna divisione». Oggi il sì dell’Aula La lettera: «Il salva-Stati non comporta rischi» Il governo non cambia la propria posizione

Intoppi sul decreto lavoro. E la sinistra monta un caso
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Il voto finale su dl lavoro è previsto per oggi ma ieri c’è stato il più classico degli «incidenti di percorso», come lo ha definito il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Un semplice ritardo di due parlamentari in commissione Bilancio al Senato. Ma le spiegazioni non hanno frenato la narrativa strumentale dell’opposizione, che ha iniziato a parlare di «segnale politico» lanciato da Forza Italia al governo. Facciamo un passo indietro. Convocazione della commissione Bilancio per le 9 di mattina: i senatori azzurri Dario Damiani e Claudio Lotito partecipano. Tutti presenti. Poi, per un impegno del Gruppo, entrambi comunicano un ritardo per la riunione successiva, prevista per le 13. La richiesta era orientata verso le 13.15. I lavori iniziano lo stesso e alle 13 e si vota. Il risultato è dieci a dieci, senza bocciatura degli emendamenti, come invece prova a sostenere la minoranza. Niente di che, e soprattutto nessuno sgambetto al governo.

Elly Schlein però, in chiara difficoltà interna, ha provato per l’intera giornata a sfruttare la circostanza. Il vero fine è stato ricordare ai suoi che il nemico dimora fuori. «La verità è che questo esecutivo non sta in piedi, incapace di passare dalla propaganda ai fattì», ha osservato la segretaria. Conte (i suoi esecutivi sì che venivano minati alla base da «segnali politici»), l’ha inseguita: «Il governo non ha nemmeno la maggioranza in commissione Bilancio al Senato sui suoi stessi emendamenti», ha dichiarato il capo grillino.

Calenda, sempre più schiacciato verso la sinistra, ha scelto l’eco: «La verità è più semplice di così: un pezzo di Forza Italia ha voluto dare un messaggio. Se questo è l’esordio del dopo Berlusconi la maggioranza rischia il caos». E cioè gli azzurri, per il leader di Azione, sarebbero ormai sfilacciati. E starebbero venendo fuori le prime frizioni. Ma l’operazione comunicativa del trio Schlein-Conte-Calenda è durata lo spazio di qualche ora. Tant’è che la commissione, riunitasi di nuovo, ha approvato il parere della relatrice Paola Mancini (Fdi). Poi l’Aula, dove la maggioranza si è compattata attorno all’esame di ben 200 emendamenti. Tajani, a Londra per la conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, ha chiarito tutto: «Era arrivato in ritardo un parere.. I senatori di Fi avevano chiesto un rinvio di 15 minuti, quando sono arrivati si era appena votato». Poi la parola «fine» su ogni dietrologia strumentale: «Una tempesta in un bicchiere d'acqua. Sono incidenti che capitano, non dovrebbero capitare, ma nulla di preoccupante, nessun messaggio, nessuna divisione».

Il dl Lavoro, per l’esecutivo Meloni, è un provvedimento bandiera. Un primo tassello per riformare nel profondo un mercato che dà già segnali statistici di forte ripresa. Il tutto in barba a tante previsioni. Proprio l’azzurro Damiani ha sintetizzato il provvedimento che sta per essere approvato: «Le priorità vanno dal sostegno all’inclusione, evitando gli sprechi delle misure puramente assistenzialiste messe in campo in passato, agli incentivi all’occupazione, fino all’alleggerimento degli oneri per le imprese, così da liberare risorse per gli investimenti». Sullo sfondo ma neppure troppo, la riduzione del cuneo fiscale, con la chiara volontà di cristallizzare l’orientamento con la prossima legge di Bilancio, come ha spiegato il senatore.

Pd e compagni hanno passato la giornata a lamentarsi per la messa in discussione dell’assistenzialismo. Intanto il ministro Marina Elvira Calderone ha incassato il placet dell’Anmil per l’incremento dei fondi destinati alle vittime di gravi infortuni sul lavoro. Si tratterà di 5milioni di euro in più

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