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Meloni: "Il premierato assicura stabilità. Lo facciamo per tutti". Atreju, rissa Pd-M5s

La premier: "Non cadremo". Confronto saltato, Conte rilancia: "Io disponibile"

Meloni: "Il premierato assicura stabilità. Lo facciamo per tutti". Atreju, rissa Pd-M5s
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È bastato davvero poco.
Un guanto di sfida e tutto è venuto giù. Eppure non più di qualche giorno fa, a urne chiuse, le trombe del campo largo suonavano la carica della rimonta. Nell’aria tardo autunnale sentivano tutti l’elettricità della ribalta. E poco importa se quell’euforia fosse immotivata, agli anti Meloni era bastato non perdere due poltrone, quella della Regione Campania e quella della Regione Puglia, per sentirsi già a Palazzo Chigi. La realtà, però, torna sempre a presentare il conto. Di solito ci mette un po’. In questo caso nemmeno una manciata di giorni. E così l’invito a confrontarsi sul palco di Atreju lanciato alla Schlein da Fratelli d’Italia ha fatto crollare il fragilissimo castello di carte in cui vive quell’accozzaglia di partiti che è la sinistra.
«Il governo a casa non ci va, arriverà a fine legislatura». La Meloni ne è profondamente convinta. Lo ha detto ieri sera all’assemblea nazionale di Noi moderati. E lo avrebbe detto pure in faccia alla Schlein se non si fosse tirata indietro dal confronto. «Quando proponiamo la riforma del premierato non lo facciamo per avere una stabilità che questo governo già ha ma per i governi futuri», ha continuato la premier smontando poi una delle tante bufale propugnate dalla sinistra, quella dei «pieni poteri». «Noi stiamo restituendo il potere ai cittadini».
A smontare la Schlein, però, non è solo la Meloni ma anche Rocco Casalino. Che si infila, a sorpresa, in una sfida a suon di inviti e contro-inviti: una sorta di invita lei, che invita l’altra, che invita lui. Un gran caos che ha lasciato la Schlein con il cerino in mano. E, quando giustamente la Meloni voluto vedere le carte invitando anche Giuseppe Conte a confrontarsi («Non spetta a me stabilire chi debba esse re il leader dell’opposizione»), la leader del Partito democratico ha mandato a gambe all’aria il tavolo da gioco. E così, mentre l’avvocato del popolo accetta di buon grado l’invito («Sono disponibile a fare questo confronto in casa vostra, valutate voi»), spetta al suo ex portavoce sparare contro la Schlein. «Ha sbagliato tutto», ha scritto in un lungo post pubblicato ieri pomeriggio su Facebook. «Il punto non è solo l’offesa agli alleati. È l’occasione persa per il Paese - spiega Casalino - pensava di usare il giochino del format a due per imporsi come leader dell’opposizione. Ma la leadership non si autoproclama, non si impone con un artificio tecnico. La leadership ti viene riconosciuta da una comunità politica».
E, quando scrive «offesa agli alleati», non pensa soltanto a Conte. «Se n’è uscita dicendo che ’possiamo anche portare Fratoianni e Bonelli’, come se fossero figure accessorie, quasi dei sottoposti». Per Casalino, insomma, la Schlein non ha fatto altro che confermare «l’immagine di un PD supponente, radical chic, che guarda gli altri dall’alto in basso». Sicuramente una supponenza che è sempre stata sotto gli occhi di gran parte degli italiani e probabilmente anche dei grillini della prima ora, ma che il nuovo corso del Movimento 5 Stelle, quello che si fa andar bene qualsiasi alleanza pur di governare, aveva dimenticato. E, forse, ci voleva proprio uno come Casalino, uno di quelli della prima ora, a dare una lezione molo semplice alla Schlein. E cioè che, «se una comunità ti percepisce come arrogante, puoi scordarti che un giorno ti riconosca una premiership».
Rispetto a Casalino, ovviamente, le parole di Conte sono state più pacate («Sono dispiaciuto»). Dopo tutto uno viene dal mondo della comunicazione, l’altro è un avvocato. Avrebbe potuto affondare più pesantemente. Ma ha evitato. Non sarebbe servito. Si è limitato a ribadire: «Io ci sarò». E, se si farà, non sarà l’unico.
Perché anche Matteo Salvini ha confermato la propria disponibilità.

«Saranno i giorni successivi alla decisione della Cassazione per il caso Open Arms. Sarebbe interessante discutere con Conte, visto che la difesa dei confini era una battaglia che diceva di condividere fino a quando non decise di allearsi col Pd pur di restare al potere».

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